Il destino delle partite Iva, come dividere precari da professionisti

Pubblicato il 10 Maggio 2012 - 16:13 OLTRE 6 MESI FA

IVAROMA – C’è chi è precario e dietro la partita Iva “nasconde” un vero e proprio rapporto di lavoro e chi invece usa la partita Iva come libero professionista. Come distinguere tra le due facce dello stesso popolo, come dividere i veri dai falsi e come stabilire quale sarà il loro destino?

Le partite Iva “original”, stando ai parametri fissati da Maurizio Castro del Pdl e Tiziano Treu del Pd nell’emendamento al disegno di legge sul lavoro in commissione Senato, sono quelle che hanno un reddito annuo lordo di almeno 18mila euro.

Le partite Iva “fasulle” sono quelle per cui:

  1. la collaborazione di lavoro è superiore a otto mesi (sei nel ddl);
  2. la paga è superiore all’80% di quello di dipendenti e co.co.co (75% nel ddl);
  3. il lavoratore ha una postazione ”fissa” in azienda

Nel ddl invece si parlava di sei mesi per collaborazione e di “postazione” soltanto, ma come ha spiegato Treu: ”Non basta un telefono ma anche una scrivania”.

Il popolo delle partite Iva è rappresentato da 300-400 mila persone, quelle che molte aziende alla fine si dicono “costrette” ad assumere.

Insomma la stretta e il terreno del dibattere è sulla famosa “flessibilità in entrata”, perciò in Parlamento c’è chi si mobilita per piazzare i paletti che limitano il ricorso alle partite Iva con delle precise condizioni perché si aprano le porte dell’assunzione.

I NUMERI I numeri del ministero dell’Economia raccontano che nello scorso mese di marzo sono state aperte 62.284 nuove partite Iva; in confronto al corrispondente mese del 2011 si registra un incremento del 7,4%, mentre, rispetto al mese precedente, l’aumento è pari al 12,4%.

Il 51,3% delle aperture delle partite Iva a marzo è dovuto a giovani fino a 35 anni e tale classe di età mostra anche il maggior aumento rispetto al corrispondente mese del 2011: +23,4%.