Quirinale, Renzi-Bersani, serie A: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Aprile 2013 - 09:53 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Amato-Prodi, volata per il Colle. La Stampa: “Parte il conto alla rovescia per la scelta del successore di Giorgio Napolitano. Tra incontri segreti e trattative, si profila un duello tra Amato e Prodi per il Quirinale. Oggi è in calendario un summit tra Pd e Cinque Stelle. Intanto Renzi boccia Marini e Finocchiaro e attacca Bersani: «Cerca l’insulto».”

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Volata finale per il Quirinale. Sfida Amato-Prodi. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Chi regge le fila del negoziato tra Bersani e Berlusconi fornisce qualche indiscrezione in più: il consenso che si fa formando intorno ad Amato va tutto a discapito di altri possibili candidati condivisi, tra cui spiccano i nomi di D’Alema e di Violante. Ma tutto questo castello di ipotesi si regge sul presupposto, appunto, che subito dopo il Pdl si acconci a sostenere un governo Bersani, oppure un governo «del Presidente», senza esigere ministeri in cambio, limitandosi a esprimere un voto favorevole. Fino a questo momento, Berlusconi ha posto invece un «aut-aut»: o piena dignità (che tradotto nel linguaggio corrente significa poltrone per i più scalmanati dei suoi), oppure si ritorni alle urne entro il mese di giugno. Se vuole Amato, del quale ha grande stima, Berlusconi deve innestare la retromarcia… Mettiamo che l’accordo tra Pd e Pdl si incagli sullo scoglio del «governissimo»: che cosa accadrebbe? Lo schema politico verrebbe rovesciato. Anziché puntare su un Presidente della Repubblica scelto d’amore e d’accordo col Cavaliere, Bersani giocherebbe la carta Prodi. Cioè l’arma finale nei confronti di Berlusconi che, non più tardi di sabato, dal palco della manifestazione barese aveva prospettato un fuga di massa dall’Italia, casomai il Professore venisse eletto («Non vorrei che si creasse un’emigrazione del genere», ha replicato con un sorriso Prodi, aggiungendo sornione: «Nella corsa al Quirinale non ci si iscrive e non ci si deve nemmeno pensare…»). Per far passare Prodi sarebbero decisivi i voti di Monti (che Bersani incontra stasera). Ma soprattutto sarebbero essenziali i grillini, dai quali il Pd si attende qualche segnale nella giornata di oggi, al massimo domattina, logicamente prima che Bersani veda la delegazione berlusconiana. La speranza è di realizzare, nel caso, una convergenza con loro nella quarta votazione: quando per eleggere il Capo dello Stato non servirà più una maggioranza qualificata, ma sarà sufficiente quella assoluta (metà più uno degli aventi diritto).”

La furia di Renzi contro Bersani. L’articolo a firma di Carlo Bertini:

“Un problema non di poco conto, anche perché il «rottamatore» ormai ha rotto ogni tregua e reagisce a palle incatenate a quelli che definisce «insulti» da parte di Bersani. «Mi ha dato dell’arrogante, indecente e qualunquista perché ho solo detto che bisogna fare presto e non perdere tempo», contrattacca Renzi intervistato dal Tg5, accusando in sostanza di doppiezza il segretario Pd e i suoi sodali. «Pare che i destini personali di Bersani e del gruppo dirigente del Pd siano più importanti del resto». Io non sono diventato grande elettore per una telefonata partita da Roma? «Chi se ne frega, quello che mi colpisce è lo stile, l’atteggiamento da intrallazzini, non mi piace quando si dice una cosa in pubblico e un’altra in privato». E per il Quirinale, «il profilo che va bene è quello di nome che coinvolga la maggioranza più alta possibile», dice il sindaco di Firenze, bocciando sia Marini che la Finocchiaro. «Sarebbe bello un presidente donna, ma leggo nomi sui giornali che sono improbabili: Finocchiaro la ricordiamo per la splendida spesa all’Ikea con il carrello umano. Ci vogliono personaggi anti casta». Ma a Renzi le accuse di Bersani sono sembrate «una roba sconvolgente», come ha commentato con i suoi in privato, perché a questo punto «facciano loro, io dirò quello che penso, se ho cercato in campagna elettorale un percorso di avvicinamento, mi pare evidente che ora mi considerano un corpo estraneo». Insomma, un Renzi deluso anche sul piano umano da Bersani e dal suo «tortello magico», che con i suoi si lascia andare, «io con questi non voglio più avere a che fare»: convinto che lo vogliano far fuori dal partito per minare la sua leadership.”

Fascismo, microchip e denaro. Cinquestelle campioni di gaffe. L’articolo a firma di Mattia Feltri:

“Come si vede, il catalogo è ricchissimo, e non lo si propone per gusto dello sfottò o per bocciare i grillini a prima vista. Semplicemente per ricordare che la vita nella scatola più pubblica d’Italia – il Parlamento – è ricca di effetti collaterali. Anche gravi, e all’inizio spesso sottovalutati. Il capogruppo al Senato, Vito Crimi, dopo essere stato a colloquio col presidente della Repubblica, riferì ai suoi che «Napolitano è stato attento, non si è addormentato: Beppe è stato capace di tenerlo abbastanza sveglio». Non è vero che la prodezza della Lombardi sia stata equivalente: lei effettivamente riferiva una confidenza del capo dello Stato («vado a fare il nonno»), ma come ha sottolineato Aldo Grasso sul Corriere , le confidenze tali dovrebbero restare, se si posseggono i principi della buona creanza. Il punto è che il grillino medio ritiene necessario testimoniare la tempra rivoluzionaria con l’impudenza: Gessica Rostellato la esibì con Rosi Bindi, rifiutandosi di stringerle la mano, e la Lombardi con Pierluigi Bersani nella celebre diretta streaming: «Sembrava di essere a Ballarò». Lei si è armata della sfrontatezza grillesca ma ancora non pare averne lo spessore. Altrimenti sarebbe dura spiegarsi l’aggettivo – «porcata» – con il quale la Lombardi definì lo stanziamento di fondi alle amministrazioni perché paghino i debiti ai privati.”

“Cassa integrazione, fondi a rischio”. L’articolo a firma di Roberto Giovannini:

“«C’è il rischio – dice Camusso nel corso de “L’intervista” di Maria Latella su SkyTg24 – che 500.000 lavoratori possano restare senza cassa integrazione. In qualche Regione – aggiunge – siamo già arrivati all’esaurimento dei fondi. Non è neanche detto che in alcune Regioni si arrivi fino a giugno». I numeri di oggi non sono numeri veri – secondo il leader della Cgil «perché sta moltiplicandosi la domanda di Cig in deroga. Purtroppo i primi mesi del 2013 hanno determinato un’ulteriore accelerazione della crisi e della difficoltà». Le risorse per adesso non ci sono? «Bisogna trovarle – dice la sindacalista – non solo per proteggere il reddito di quei lavoratori, ma per evitare che ci sia un’ulteriore spirale di avvitamento sulla riduzione dei consumi e quindi un’ulteriore riduzione della base produttiva di questo paese che si è già ridotta consistentemente». E se il ministro dell’Economia Vittorio Grilli ha rassicurato sui fondi per la Cig, allora – ribatte Camusso dal Tg3 – «non resta che stanziarli». Ma l’allarme del numero uno di Corso d’Italia trova indiretta conferma dallo stesso ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che in un’intervista a «Il Mattino» ricorda di aver segnalato «sia al collega Grilli che al premier Monti che per il 2013 bisognerà trovare le risorse che mancano alla copertura totale della Cig in deroga». Fornero si dice «fiduciosa che si troverà anche quello che manca», ma puntualizza che per trovare la copertura finanziaria totale della Cig in deroga «non servirà una manovra», anche perché «con redditi e occupazione così in sofferenza, non penso minimamente che si possano penalizzare ulteriormente gli italiani con una manovra di tassazione. Bisognerà ridurre ancora la spesa».”

Corea, in gita al 38° parallelo aspettando il missile di Kim. L’articolo a firma di Laria Maria Sala:

“Mistero del turismo, la solennità del luogo e le tensioni attuali sono del tutto sprecate con i gitanti: una signora del Fujian, nel sud-est della Cina, dice che «no, nessun’emozione particolare, sono qui solo in visita», e resta anzi perplessa dalle domande che cercano di sondare la sua opinione sul fatto che la Cina è stata fondamentale per la separazione delle due Coree. Nel 1950, infatti, quando Kim Il Sung decise di invadere il Sud, convinto che il capitalismo avesse maturato nei cittadini il desiderio di comunismo, i suoi attacchi a sorpresa sulle prime ebbero successo. Poi entrarono in campo le truppe Onu, e in particolare quelle Usa, e Kim ottenne il sostegno cinese (anche Stalin aveva offerto sostegno, ma alla fine mandò armi ma nemmeno un soldato, lasciando che ci pensassero i cinesi). Nel 1953 l’armistizio fu concluso con un nulla di fatto (la separazione continua a essere lungo il 38° parallelo, come prima degli attacchi di Kim) ma un milione di morti, fra cui anche Mao Anying, primogenito di Mao Zedong. I feriti furono cinque milioni.”

Prova di forza. L’articolo a firma di Stefano Mancini:

“Non è tanto la vittoria: è la superiorità schiacciante a dare una svolta alla stagione della Ferrari. Il successo mancava dal 22 luglio del 2012, circuito di Hockenheim. Dopo c’erano stati tanti piazzamenti più che dignitosi, frutto della tattica, della precisione in pista e dell’abilità del pilota, ma mai un acuto, una pole position o un singolo momento di supremazia assoluta. Il Gran premio di Shanghai rilancia la F138 «Speranzosa» e la rende vittoriosa al terzo tentativo. Il senso di strapotere è in una comunicazione radio tra pilota e box: ad Alonso non viene chiesto di andare forte, ma di rallentare. «Stai rifilando oltre un secondo a giro a tutti, non è il caso» lo avvisa Andrea Stella, l’ingegnere che nella finale persa di Abu Dhabi 2010 lo supplicava di inventarsi qualcosa per superare l’ineffabile Petrov. Stavolta Fernando risponde come un figlio che guida per la prima volta la macchina di papà: «Guarda che non sto spingendo per niente».”

Tre nomi e un jolly. Il Giornale: “Il Pd stringe su Amato, Marini e Prodi. Ma qualcuno pensa a un colpo di scena che coinvolga Berlusconi. Renzi: da Bersani solo insulti. Il partito vuole il Cav in galera, io voglio sfidarlo.” L’editoriale a firma di Alessandro Sallusti:

“Da oggi si fa sul serio. Smaltita la sbornia che ha portato a ipotizzare per il Colle na­ni e ballerini, il cerchio delle candidatu­re si stringe su papabili veri. La mossa toc­ca a Bersani, e nel quartiere generale del Pdl si atten­de la proposta di una terna dentro la quale pescare, se possibile, un nome condiviso da eleggere con maggioranza qualificata già giovedì, al primo turno. Tra spinte e controspinte, il Pd cerca di stringere il cerchio e, a quel che ci risulta, se oggi fosse l’ultimo giorno utile la terna sarebbe composta da Romano Prodi,Giuliano Amato e Franco Marini.Fuori quin­di D’Alema, Violante, Rodotà, Finocchiaro e Zagre­belsky. Della guerra fratricida interna alla sinistra poco ci interessa. È soltanto l’ennesima conferma che il Pd e la sua coalizione sono cocci tenuti insie­me con lo sputo e mai potranno essere una forza di governo solida e affidabile. Della ipotetica terna un nome, quello di Prodi, è una provocazione bella e buona. Il professore di Bo­logna è il peggio che possa capitare al Paese, non sol­tanto al centrodestra. Piace a una parte del Pd, a Ven­dola, a qualche grillino, piace alla prima banca del Paese, Banca Intesa, e al suo giornale (il Corriere del­la Sera ). Stiamo parlando di un cattocomunista che ha già fallito due volte come premier e che è il vero responsabile della sciagurata trattativa (con tanto di dati e bilanci truccati) che ha portato l’Italia a en­trare nell’euro con condizioni che hanno provocato ciò che oggi stiamo vivendo e subendo. Dovendo scegliere chi buttare dalla torre tra Ama­to e Marini, e non potendo gettare entrambi, credo che al Pdl converrebbe salvare Amato, meno ideolo­gico e quindi pregiudizialmente non ostile. Vedremo,anche se nelle ultime ore c’è chi ha mes­so sul tavolo un’ipotesi apparentemente bizzarra. E cioè togliere dalla mischia elettorale il pericolo nu­mero uno della sinistra, quel Silvio Berlusconi dato già più volte per morto ma più che mai vivo, come di­mostrano il risultato elettorale e i nuovi sondaggi che lo danno in ulteriore ascesa. Se Berlusconi do­vesse salire al Colle è certo che il Pdl perderebbe il suo punto di forza e, detto senza offesa a delfini e pos­sibili successori, avrebbe ben poche possibilità di mantenere le posizioni nelle prossime, inevitabil­mente imminenti elezioni. Il piano sarebbe di disfar­si u­na volta per tutte del berlusconismo promuoven­do Berlusconi.”

Il Cav non teme le elezioni: «Possiamo battere chiunque». L’articolo a firma di Fabrizio de Feo:

“Berlusconi segue passo pas­so la trattativa. E dopo il bagno di folla di Bari lo fa con lo spirito di chi non teme di essere messo nell’angolo.La manifestazione pugliese lo ha galvanizzato, gli ha regalato nuova forza e stimo­li, gli ha fatto rivivere quello «spirito del ’94», da lui più volte evocato per ringraziare alla fi­ne del suo intervento Raffaele Fitto. «Il segnale alla nostra gen­te lo abbiamo mandato forte e chiaro» spiega ai dirigenti del Pdl «e quella piazza ha un signi­ficato più forte di mille parole». «Se vogliono forzare la mano e assecondare le idee della pre­miata ditta Vendola-Casaleg­gio facciano pure. Noi alla no­stra gente dobbiamo offrire la garanzia che, senza pari digni­tà, non avremo esitazioni a tor­nare al voto, diversamente dal 2011. Deve risultare chiaro a tut­ti perché in questo momento possiamo vincere con tutti». Co­me dire che se si andasse al vo­to, perfino Matteo Renzi potreb­be diventare un avversario alla portata.”

Emma la furbacchiona: occupa poltrone da 37 anni. L’articolo a firma di Giancarlo Perna:

“Da tempo, batte la grancassa. Ogni giorno, dozzine di sondag­gi la dichiara­no favorita per le sue per­sonali virtù e il suo essere donna. Pilota una squadra di ammiratori che ne sosten­go­no la candi­datura. Sono della compa­gnia di giro, la stilista Anna Fen­di, l’astroscienziata Margherita Hack, Renzo Arbore, Lucrezia Lante della Rovere, Franca Vale­ri. Hanno mandato una lettera al Corsera per «Bonino presiden­te », Alessandro Gassman, Ser­gio Castellitto, Gianmarco To­gnazzi, altri così. Gira sulla Rete un video con diversi divi dello spettacolo che recitano, ammic­canti, slogan più o meno stupi­dotti, pro Bonino. Si va dal: «Ora al Quirinale c’è la possibilità di avere una donna, talmente stra­ordinaria che andrebbe bene anche se fosse un uomo» di Roc­co Papaleo (attore) a: «Il nuovo presidente della Repubblica? Me lo immagino durante il di­scorso di fine anno: senza cra­vatta! » di Valeria Solarino (attri­ce). Al vociare si aggiunge Marco Pannella il quale, ogni volta che trova un microfono, ripete che la massa degli italiani null’altro vuole che Bonino al Quirinale. Se qualcuno ne dubita, com’è successo nella radiotrasmissio­ne la Zanzara- dove il condutto­re­ha ricordato il recente 0,3 elet­torale di Emma- Marco spacca a pugni lo studio, non tanto per difendere Bonino quanto per la rabbia di sentirsi rinfacciare il fiasco di cui è largamente corre­sponsabile.”