Ospedali, classifiche Agenas. Monza contesta: “I casi più difficili da noi”

Pubblicato il 15 Agosto 2013 - 12:18 OLTRE 6 MESI FA
Ospedali, classifiche Agenas. Monza contesta: "I casi più difficili da noi"

Ospedali, classifiche Agenas. Monza contesta: “I casi più difficili da noi”

Quanto sono affidabili le graduatorie della Agenzia per i servizi sanitari (Agenas), che, con la benedizione del sancito dal Ministero della Salute. ha incrociato i dati per il 2011 del Sistema informativo ospedaliero, quello in cui confluiscono le informazioni su tutti i ricoveri registrati in Italia, e quelli dell’Anagrafe tributaria.

 Edoardo Cavadini di Libero ha interpellato Francisco Guerra, responsabile della Cardiochirurgia al Policlinico di Monza, che non è stato certo diplomatico:

“I criteri che usa l’agenzia sono discutibili”.

Libero ha pubblicato una serie di tabelle con graduatorie di migliori e peggiori, ilQuotidianosanità.it ha dedicato più titoli alla analisi condotta da Luciano Fassari ed Ester Maragò,  regione per regione.

Ha detto Francisco Guerra:

“Io e i miei colleghi leggendo la classifica siamo saltati sulla sedia: noi facciamo parte dell’eccellenza sanitaria d’Italia, una collocazione così penalizzante non ci rende giustizia”.

La Agenas ha piazzato la Cardiochirurgia del Policlinico di Monza tra le peggiori per l’impianto di bypass, promuovendo invece nosocomi di Palermo, Catanzaro e Lecce. Dice Francisco Guerra:

“Sono valutazioni statistiche che ignorano un’infinità di variabili che non possono essere ridotte ai meri numeri. Ad esempio la storia clinica del paziente, le multipatologie, la gravità dell’intervento che spesso e volentieri spinge migliaia di persone a spostarsi dalle regioni d’origine – al Sud ma non solo – per venire a curarsi in Lombardia”.

Il suo reparto, dice Francisco Guerra, tratta 500 casi all’anno, ma la metà di essi è da fuori regione:

“L’incidenza delle patologia cardiovascolari è di 6/700 casi ogni milione di abitanti. In Lombardia ci sono 9 milioni di abitanti, ma quasi tutte le strutture della regione – e solo a Milano sono 17 – operano nell’ordine del migliaio di casi, e oltre, all’anno.  Questo significa che la mobilità sanitaria, ovvero la migrazione di pazienti dalle regioni di origine verso altre, ha un’incidenza elevatissima sulle valutazioni numeriche dell’Agenas. Una struttura che accoglie pazienti da altre regioni avrà a che fare non con casi di lieve entità – perché quelli si curano banalmente a casa loro – ma con emergenze e situazioni ad elevata complessità diagnostica e prognostica.

“Il tasso di mortalità potenziale è evidentemente più elevato per quelle strutture che trattano numerosi casi ad alto rischio, mentre i piccoli centri locali godono paradossalmente del beneficio di dover curare pazienti meno problematici”.