Il vero effetto placebo è nel corpo, non nella mente

Pubblicato il 18 Giugno 2012 - 16:12 OLTRE 6 MESI FA

Lo "spulciamento", medicina ancestrale

Se un farmaco fatto di niente, una pillola-bluff, ci fa guarire – o almeno ci fa sentire meglio – è perché siamo evoluti. Così sono sintetizzabili gli studi sull’effetto-placebo del neurofisiologo Fabrizio Benedetti*. Quella sensazione di piacere, di cessazione del dolore indotta da una semplice visita del dottore viene da molto lontano. Dai tempi in cui la parte migliore della giornata dei nostri antenati era il momento in cui uno toglieva le pulci all’altro: lo “spulciamento” è fra i comportamenti di cooperazione sociale che hanno selezionato la specie garantendo sopravvivenza ai branchi (poi gruppi, una volta scesi dagli alberi) che erano più “carini” gli uni con gli altri.

Qualche milione di anni dopo, un medico somministra al paziente un “placebo”, ovvero una pillola senza nessun principio attivo, e l’ammalato si sente meglio. Come si sentiva meglio il suo antenato quando un altro componente del branco veniva a spulciarlo ma poi gli dava solo una grattatina, senza togliergli nessuna pulce.

Sono le risposte “placebo”, che dipendono da meccanismi biochimici raffinatisi negli anni. La più semplice da spiegare, di queste risposte, è che il solo parlare dei suoi problemi con una persona sulla quale ha aspettative positive genera nel malato un rilascio di endorfine che immediatamente attenua i sintomi del disturbo.

L’idea di fondo è che non c’è un dualismo fra corpo e mente, è tutto collegato da un “ponte” che si spiega con la biochimica, la teoria dell’evoluzione e la neurofisiologia. Se è immateriale l’aiuto che qualche migliaio di anni fa uno “sciamano” o chi per lui poteva dare a un elemento del gruppo, è materiale l’effetto che questo aiuto produceva nel fisico dell’aiutato, nel quale avvenivano delle risposte biochimiche simili a quelle attivate dalla cannabis o dagli oppiacei.

Questo non vuole motivare il successo della religione come “oppio dei popoli”, né dare aperture di credito illimitate alla medicina alternativa o all’omeopatia. Ma, in chiave “riduzionista”, argomentare che l’incontro fra medico e paziente è già cura, ben prima che quest’ultimo entri in farmacia con la sua ricetta firmata.

 

* Fabrizio Benedetti, Il cervello del paziente, Giovanni Fioriti editore, Roma
Fabrizio Benedetti, L’effetto placebo, Carocci editore, Roma