I funerali di Matteo Miotto: basilica gremita, presenti Berlusconi e La Russa

Pubblicato il 3 Gennaio 2011 - 11:40 OLTRE 6 MESI FA

La bara di Matteo Miotto

È gremita la Basilica romana di Santa Maria degli Angeli dove alle 11 è iniziato il funerale dell’alpino Matteo Miotto, ucciso venerdì in Afghanistan. Tra le autorità  presenti il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il ministro delle Difesa, Ignazio La Russa, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidente del Copasir, Massimo D’Alema.

Impossibilitato a partecipare, a causa dell’influenza, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato ha però già espresso la volontà di incontrare i familiari di Miotto.

L’omelia: “La lettera di Miotto, profetico testamento”. Il caporalmaggiore Matteo Miotto, ucciso in Afghanistan venerdì scorso, per il giorno della Festa delle forze armate, il 4 novembre, ”aveva scritto una lettera al sindaco di Thiene sulla sua esperienza in Afghanistan. Un messaggio che inaspettatamente e’ diventato profeticamente testamento, capace di condensare la ricchezza umana che egli lascia a tutti noi”.

E’ uno dei passaggi dell’omelia dell’arcivescovo militare Vincenzo Pelvi durante la celebrazione dei funerali del giovane alpino. Di Matteo, Pelvi ha ricordato ”l’amore alla vita, l’amore per ogni vita, quella dilatazione del cuore ordinata e virile, che si riversava su coloro che avvicinava, anche nelle inevitabili angustie e tra gli spettacoli piu’ angosciosi dell’Afghanistan”.

Si tratta, ha aggiunto Pelvi, ”di una realtà interiore, di una felice dimensione della sua personalità”, e dei sentimenti e ”della fede schietta dell’alpino, sempre pronto a spezzare il suo corpo come fosse pane e distribuirlo ai piccoli abbandonati”. L’ordinario militare ha ricordato l’esperienza di Miotto ”alla scuola di don Gnocchi”, dove ”Matteo aveva imparato che non possiamo dare vita ad altri senza dare la nostra vita”. Matteo, ha aggiunto, ”ha sempre creduto nella giustizia, nella verita’ e nella forza interiore della compassione, nella fiducia e nell’amore fino a dare la vita”. Da questo giovane, ha concluso Pelvi, arriva un invito ”a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione”.

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