Calciopoli, Cassazione: Moggi capo associazione a delinquere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Settembre 2015 - 09:27 OLTRE 6 MESI FA
Calciopoli, Cassazione: Moggi capo associazione a delinquere

Luciano Moggi (LaPresse)

ROMA – “Strapotere ingiustificato” e mente che ha “ideato il sistema illecito di Calciopoli“. La Cassazione con le motivazioni della sentenza scrive la parola fine sul processo Calciopoli. E se la prescrizione salva Moggi dalla condanna materiale non si può dire lo stesso delle motivazioni.

“Più che di potere si deve parlare di uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici ed ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta” scrivono i giudici  in un verdetto di quasi 150 pagine in cui si parla della  “irruenta forza di penetrazione anche in ambito federale” esercitata dall’ex dg della Juve Luciano Moggi.

Ad avviso della Suprema Corte, Moggi, è stato il “principe indiscusso” del processo ‘Calciopoli’ – conclusosi lo scorso 23 marzo con la prescrizione di gran parte dei reati per lo stesso Moggi e per quasi tutti gli altri imputati – e “l’ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse)”. Al suo fianco c’erano i designatori arbitrali compiacenti e sodali Pier Luigi Pairetto e Paolo Bergamo, oltre all’ex ad bianconero Antonio Giraudo giudicato separatamente. Ritengono gli ‘ermellini’ che Moggi abbia commesso sia l’associazione per delinquere sia la frode sportiva “in favore della società di appartenenza (la Juventus)”, ed ha anche ottenuto “vantaggi personali in termini di accrescimento del potere (già di per sé davvero ragguardevole senza alcuna apparente giustificazione)”.

Dai giudizi che l’ex dg bianconero esprimeva in tv e sui media, soprattutto al ‘Processo del lunedì’, “potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società calcistiche di volta in volta interessate”, rileva la Cassazione. L’associazione per delinquere diretta da Moggi – spiega la sentenza – “era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa nel territorio con la piena consapevolezza per i singoli partecipi, anche in posizione di vertice (come Moggi, il Pairetto o il Mazzini), di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie considerate quale primo segmento di una condotta fraudolenta”. Dell’ex dg juventino, la Suprema Corte dice che aveva una “poliedrica capacità di insinuarsi, ‘sine titulo’, nei gangli vitali dell’organizzazione calcistica ufficiale (Figc e organi in essa inseriti, quali l’Aia)”. Moggi, con le sue “incursioni” negli spogliatoi degli arbitri, al termine delle partite, non solo “non lesinava giudizi aspramente negativi sull’operato dei direttori di gara”, ma esercitava un “potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa, frutto soltanto di un esercizio smodato del potere”.

Ma ‘Calciopoli’ non è solo Moggi. La Cassazione ne ha anche per Claudio Lotito. I supremi giudici rilevano c’è una “congerie di telefonate compromettenti” e di “prove inequivocabili” delle “pressioni” esercitate dal patron della Lazio “sul mondo arbitrale in un contesto di lotte intestine per la nomina a Presidente della Figc tra l’uscente Franco Carraro e l’aspirante emergente Giancarlo Abete” per assicurarsi il “salvataggio” della Lazio dalla retrocessione nel campionato 2004-2005. La Cassazione aggiunge che l’allora vice della Figc, Innocenzo Mazzini, un altro degli ‘adepti’ del ‘sistema’ Moggi, viene intercettato mentre assicura a Lotito che la sua “mediazione” era riuscita ad assicurare alla Lazio un occhio di favore da parte di Bergamo e Pairetto. “Così come avevano avuto esiti positivi interventi di persone estranee all’ambiente calcistico quali” Cosimo Maria Ferri – attuale sottosegretario alla giustizia – e l’ex presidente della Camera Gianfranco Fini. Si ricordano le “sviste arbitrali” in “favore della società romana” durante le partite Lazio-Chievo e Lazio-Parma.

Il comportamento di Lotito – con le sue “manovre pressorie” – ben rappresenta, secondo la Cassazione, un “fenomeno degenerativo” idoneo “all’alterazione” delle partite. Massimo De Santis – che era ritenuto il miglior fischietto – viene definito come un “suddito” di Moggi e non gli è servito rinunciare alla prescrizione. E’ stato l’unico condannato a dieci mesi, pena sospesa. Negativo anche il giudizio finale sull’arbitro Salvatore Racalbuto. Esce a testa alta, invece, dal verdetto, l’arbitro aretino Paolo Bertini: la Corte di Appello di Napoli ha sbagliato a giudicarlo perchè il direttore di gara anzi, era inviso a Moggi e non godeva della sua protezione. La Cassazione lo ha ‘riabilitato’ in pieno. .