Alfano e Pdl, legge elettorale, Papa Francesco e Cina: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Novembre 2013 - 08:40 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Corriere della Sera: “Alfano: Pdl unito e sì al governo”. L’instabilità di una legge. Editoriale di Enrico Marro:

“Una manovra senz’anima e senza ambizione rischia di finire preda dei mille appetiti parlamentari e ostaggio di una battaglia dove gli interessi del Paese restano in secondo piano.
Ci vorrebbe un sussulto di responsabilità. La legge di Stabilità è il provvedimento più importante per il Bilancio pubblico, il biglietto da visita con il quale ci presentiamo a Bruxelles che quest’anno svolgerà un esame rafforzato sulle manovre degli Stati membri. Fino al 31 dicembre, termine per l’approvazione della legge, si può rimediare. Sappiamo che i 3.093 emendamenti decadranno e che le sole modifiche che passeranno, magari con la fiducia, saranno quelle dei relatori in accordo con il governo.
Né il Pdl né il Pd possono illudersi di vincere: l’unico finale di partita sulla legge di Stabilità è il pareggio. Ne prendano atto subito, concordino le poche cose che tutti invocano, cioè un forte taglio delle tasse sul lavoro e una riforma dell’Imu semplice e trasparente, e chiudano il match. Evitando scenari che il Paese non merita”.

L’intervista di Francesco Verderami a Angelino Alfano:

“Ma quale sarebbe l’altra linea? Solo gli ipocriti e i cinici non dicono che in caso di elezioni anticipate, semmai ci fossero, il presidente Berlusconi non sarebbe candidabile. Teorizzano elezioni al buio delle quali ci dovremmo assumere la responsabilità, senza poter disporre del nostro campione. E allora mi chiedo: chi offendo se sostengo tutto questo? Se è vero, com’è vero, che il caso Berlusconi giudiziariamente non è chiuso e potrebbe riaprirsi nel 2014, allora proprio lui nel 2015 potrebbe tornare in campo. Ecco perché credo ancora in una soluzione unitaria”.

Una mediazione a un passo dalla rottura. La nota politica di Massimo Franco:

“La tentazione di non andare al Consiglio nazionale del Pdl c’è. Ma non partecipando, l’ala governativa del partito teme di regalare un argomento alla tesi del «tradimento» agitata dai cosiddetti «lealisti». E poi, in questo psicodramma che ruota intorno alla decadenza da parlamentare di Silvio Berlusconi, le minacce crescono insieme ai dubbi. Soprattutto i «falchi» temono di ritrovarsi all’opposizione di un governo delle «larghe intese» che l’ex premier ha appoggiato e voluto. Il ruolo che Angelino Alfano sta tentando di giocare è quello dell’uomo dell’unità, non della rottura: trasferendo sugli avversari interni l’immagine e la responsabilità di una scissione.
Il problema è che per riacciuffare l’unità occorre un gesto di una delle due parti. Insomma, o Berlusconi o Alfano debbono tornare sui propri passi. Il Cavaliere già lo fece il 2 ottobre, assecondando in extremis la fiducia al governo Letta: rischiava di perdere il partito. Da allora i margini di mediazione si sono assottigliati. E il pericolo di riemergere come un leader dimezzato forse è perfino aumentato. La pattuglia dei «governativi» sarebbe più numerosa di quanto la guerra dei numeri dica. E dopo la decadenza, potrebbe riservare a Berlusconi sorprese amare. Dunque, non si esclude nulla”.

La prima pagina di Repubblica: “Legge elettorale, la grande paralisi”.

Il Fatto Quotidiano: “Papa Francesco, attento alla mafia”.

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La Stampa: “Sconto Irpef, i dubbi del governo”

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Legge elettorale, no al doppio turno. Scrive Ugo Magri:

“Il doppio turno che tanto fa gola a Renzi, perché eleggeremmo il premier proprio come si fa con i sindaci, e insomma avremmo il Sindaco d’Italia, è stato bocciato in modo abbastanza rovinoso al Senato. La Commissione affari costituzionali ha respinto con 15 voti (di cui 4 astensioni, che a Palazzo Madama valgono «no») un ordine del giorno presentato dai Democratici con l’ausilio di Sel e di Scelta civica. Se la questione fosse portata in aula, la bocciatura sarebbe garantita. Per cui il meccanismo del doppio turno può considerarsi virtualmente «bruciato». E chi lo sosteneva, per esempio il senatore Latorre, ora si domanda come mai il Pd abbia insistito per mettere la questione ai voti, pur sapendo di ricevere una porta in faccia.”.

La ricetta di Xi per la crescita cinese. Articolo di Ilaria Maria Sala:

“Il Comitato centrale del Partito Comunista Cinese ha concluso i lavori del suo terzo plenum con l’impegno di far giocare al mercato un «ruolo decisivo» nell’economia e di varare nuove «storiche» riforme che «libereranno fattori di crescita di cui tutto il mondo trarrà vantaggio». Queste le promesse, ancora vaghe, del Comitato centrale del Pcc, dominato dal nuovo gruppo dirigente di Xi”.

Il Giornale: “Bomba dei grillini sui morti di Nassirya”. I cattivi maestri del rigore. Editoriale di Nicola Porro:

Negli ultimi due anni le persone normali, quelle che si incon­trano in metro, al ci­nema, che guidano l’auto da so­le, che portano i bambini a scuo­la hanno stretto la cinghia. Le imprese normali, quelle che non hanno un prodotto rivolu­zionario o un marchio ricono­sciuto in tutto il mondo, hanno tagliato dove potevano. Si può dire altrettanto della burocra­zia che ci governa? Purtroppo no. Negli ultimi anni ci siamo concentrati sulla casta. Opera­zione sacrosanta, ma che ri­schia di mancare il bersaglio grosso. I politici hanno enormi responsabilità. Ma spostare il campo delle critiche dal terreno politico a quello degli sprechi, circoscrivendolo ai mille abitan­ti dei palazzetti romani, è ridutti­vo. Negli ultimi due anni (2012 e 2013) i consumi delle famiglie residenti (così si chiamano per la contabilità) sono crollati di 57 miliardi di euro, e alla fine di quest’anno rischiano di scende­re sotto quota 800 miliardi. Nel medesimo intervallo di tempo gli investimenti fissi hanno fatto segnare un saldo negativo di 34 miliardi di euro. Si tratta (sono dati del Def) di più di 90 miliardi spesi in meno da cittadini e im­prenditori. I primi hanno ridot­to il loro tenore di vita, i secondi le aspettative sul loro futuro. Il comparto privato ha tirato la cin­ghia fino all’osso. È partendo da questi numeri (che è sempre bene considerare in termini assoluti e non percen­tuali per far capire in pieno l’emergenza)che nasce la prete­sa di affamare la bestia statale, e cioè la burocrazia. In ogni fami­glia si è fatto quanto si poteva per rispondere alla crisi. Altret­tanto non è stato fatto nella pub­blica amministrazione”.