Diabete 2, dei comuni additivi alimentari ne aumentano il rischio (blitzquotidiano.it)
Gli scaffali dei supermercati ne sono pieni, ma pochi consumatori si fermano a leggerne davvero le etichette: gli additivi alimentari sono ovunque. Coloranti, conservanti, dolcificanti artificiali, emulsionanti… elementi spesso invisibili al palato, ma presenti in gran parte dei cibi ultra-processati che compongono la dieta moderna. Ora, una nuova ricerca pubblicata su PLOS Medicine riporta un’allerta che non può essere ignorata: alcune combinazioni di additivi alimentari comuni potrebbero aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
Il collegamento tra diabete 2 e additivi
Secondo lo studio condotto da un team di ricercatori francesi del CRESS-EREN (Inserm/Inrae/Cnam/Université Sorbonne Paris Nord/Université Paris Cité), non sono solo i singoli additivi a preoccupare, ma l’effetto che questi possono avere quando combinati insieme, come avviene spesso negli alimenti ultra-processati.
Analizzando i dati di oltre 109.000 adulti tra il 2009 e il 2023, gli scienziati hanno identificato due particolari miscele di additivi frequentemente consumate dai partecipanti, associate a un aumento statisticamente significativo del rischio di diabete di tipo 2.
Una scoperta che rappresenta una svolta importante nella ricerca nutrizionale. Fino a oggi, infatti, la sicurezza degli additivi è stata valutata in maniera isolata. Tuttavia, nella vita reale non si consumano additivi singoli, ma miscele complesse all’interno degli stessi alimenti o attraverso l’accumulo derivante da cibi diversi.
Le due combinazioni sotto accusa

Nel dettaglio, la prima combinazione incriminata include emulsionanti come amidi modificati, pectina, gomma di guar, carragenina, gomma xantana, polifosfati, il conservante sorbato di potassio e il colorante curcumina. Una miscela tipica di zuppe pronte, dessert lattiero-caseari, margarine e salse industriali.
La seconda, invece, comprende acidificanti e regolatori di acidità come acido citrico, il dolcificante aspartame, il dolcificante sucralosio, coloranti come il caramello ammoniacale, oltre ad alcuni emulsionanti. Questa combinazione è frequentemente presente in bibite light e bevande aromatizzate industriali.
I dati raccolti rivelano che le persone esposte maggiormente a queste due combinazioni presentavano un rischio sensibilmente più alto di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto a chi ne faceva un consumo minimo o nullo.
Perché il diabete di tipo 2 è una minaccia concreta
Il diabete di tipo 2 rappresenta il 90% dei casi di diabete nel mondo. Secondo le stime più recenti, oltre 830 milioni di persone vivono con questa malattia a livello globale. Si tratta di una condizione cronica che compromette la capacità del corpo di regolare i livelli di zucchero nel sangue, aumentando il rischio di complicanze gravi come malattie cardiovascolari, danni renali, problemi alla vista e neuropatie.
Tra i principali fattori di rischio ci sono la scarsa attività fisica, il sovrappeso e, soprattutto, una dieta ricca di alimenti ultra-processati. Questi ultimi, spesso, rappresentano più del 50% dell’apporto calorico quotidiano nei paesi ad alto reddito.
Additivi, metabolismo e salute: cosa dice la scienza
Gli effetti degli additivi sul metabolismo umano sono da tempo al centro del dibattito scientifico. Alcuni studi precedenti avevano già indicato un potenziale legame tra dolcificanti artificiali come l’aspartame e il sucralosio e un aumento del rischio di diabete. Un altro studio pubblicato nel maggio 2024 aveva evidenziato come sette tipi di emulsionanti potessero favorire l’infiammazione e la resistenza all’insulina, due fattori chiave nello sviluppo del diabete.
Ma è proprio il concetto di effetto sinergico – ovvero l’interazione tra più additivi all’interno dello stesso alimento – a rappresentare la vera novità di questa ricerca. Secondo Marie Payen de la Garanderie, prima autrice dello studio, questi risultati suggeriscono la necessità di rivedere i criteri con cui vengono regolamentati gli additivi alimentari, valutandone non solo la sicurezza individuale, ma anche le possibili interazioni combinate.
Le critiche dell’industria alimentare
Non tutti, però, sono d’accordo con le conclusioni dello studio. L’International Council of Beverages Associations (ICBA) ha definito i risultati “fuorvianti” per i consumatori. Secondo Kate Loatman, direttrice esecutiva dell’associazione, non è possibile identificare con precisione quali additivi siano stati realmente consumati dai partecipanti anni prima dello sviluppo del diabete, rendendo quindi le conclusioni dello studio non definitive.
Anche molti grandi produttori difendono l’uso degli additivi, sottolineando che le dosi presenti negli alimenti sono considerate sicure dalle autorità sanitarie internazionali.
Come ridurre il consumo di additivi
Nonostante le polemiche, cresce la consapevolezza dei consumatori sull’importanza di ridurre il consumo di cibi industriali. La dietista americana Monique Richard, intervistata su Medical News Today, ha ricordato che il modo migliore per evitare gli additivi è affidarsi a una dieta naturale e il più possibile basata su alimenti freschi e minimamente processati.
Spazio quindi a frutta e verdura di stagione, legumi secchi, cereali integrali, semi oleosi e acqua naturale. Tra le bevande, meglio optare per tè non zuccherati, spremute fatte in casa e infusi naturali, evitando le bibite industriali, anche quelle “senza zucchero”.
Cucinare in casa è un altro modo semplice per controllare gli ingredienti, riscoprendo il piacere di sapori autentici senza ricorrere a esaltatori di gusto o coloranti.
Questo studio, pur non definitivo, rappresenta un importante campanello d’allarme e in un momento storico in cui il cibo è sempre più veloce, economico e standardizzato, la salute pubblica richiede un cambio di rotta: maggiore trasparenza nelle etichette, regolamentazione più stringente sugli additivi e educazione alimentare sin dalla scuola.
Come ha ricordato la ricercatrice Mathilde Touvier, tra i principali autori dello studio, “il diabete di tipo 2 è una patologia evitabile, e la dieta è uno dei fattori modificabili più importanti”.
