(Foto d'archivio Ansa)
Il mese scorso, la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha condannato un gioielliere a 14 anni e 9 mesi di carcere e al pagamento di elevate indennità, perché aveva sparato sui rapinatori mentre stavano fuggendo. Un cittadino non può uccidere per tutelare la sua proprietà. Questa norma ha carattere “universale”: non può esistere codice che se ne discosti. Se invece il rapinatore entra a mano armata in casa tua e riempie di botte i tuoi congiunti, quando gli spari è legittima difesa perché non stai difendendo la proprietà ma la vita dei familiari.
Si è così aperta una discussione “virale” sulla differenza tra “legittima difesa” e “vendetta personale”, che è antica quanto il mondo.
In molte società primitive l’assassinio di A da parte di B portava all’assassinio di B da parte del figlio di A e così via. Nell’attuale stadio della civiltà umana la “vendetta” spetta solo allo Stato, il quale ha il compito di tutelare il cittadino dai delinquenti.
Le gabelle e le corvée sono sempre state il corrispettivo della “difesa armata” dei “sudditi”. Tuttavia, anche nelle società moderne, quando si pensa che le istituzioni non siano in grado di difenderti, l’istinto primitivo dell’uomo prende il sopravvento.
Secondo la Corte d’Assise di Torino, non sussisteva alcun movente “psicologico” che potesse giustificare gli omicidi del gioielliere, perché i rapinatori erano scappati: se li avesse uccisi qualche attimo prima, sarebbe stato tutto “legittimo”. Esiste peraltro il principio giuridico secondo cui una persona non può essere condannata quando ha agito nella condizione di “incapacità temporanea” di intendere o di volere. La difesa del gioielliere si è appellata, senza successo a questa norma, affermando che dopo l’ennesima rapina a mano armata la voglia di “vendetta” può annebbiarti il cervello e può essere comprensibile una reazione spropositata.
Non desidero occuparmi di questioni penali il cui esito dipende dai singoli giudici, con la conseguenza che ogni caso fa storia a sé. Per esempio, puoi trovare la Corte d’Assise di Modena che, nel 2022, non ha dato l’ergastolo a un individuo che ha ucciso moglie e figlia, in ragione di un “black-out emozionale”. Un altro parricida, Alex Cotoia, è stato assolto in appello a Torino. La sentenza riconosce “la necessità di difendersi quando la persona agisce per proteggere sé stesso o altri familiari da pericoli concreti”. Quando uccidi il padre ci può essere qualcosa di più rispetto alla vicenda del gioielliere: la “premeditazione” del delitto che segue ad abusi che nessun Carabiniere o poliziotto è riuscito a interrompere.
Le donne che hanno sporto denunce reiterate e che sono state ammazzate da individui vigliacchi e psichicamente instabili, si sarebbero forse salvate se avessero saputo usare una pistola. Alla luce dei fatti, non esiste alternativa “praticabile”: è facile e farisaico alzare il dito denunciando il rischio dell’abuso di armi.
Vorrei allora capire, assieme ai miei lettori, cosa accade quando le Istituzioni non sono in grado di tutelare l’individuo da masse indistinte di delinquenti.
Deve essere lo Stato a farsi carico delle inettitudini dei propri funzionari pubblici (dal ministro in giù) oppure a rimetterci deve essere sempre il cittadino? Sotto questo aspetto, non è vero che la nostra epoca del “diritto” sia più “avanzata” rispetto a quella di civiltà ormai estinte.
In Inghilterra, si narra proverbialmente ancora oggi “che all’epoca di Re Edvino, una donna col suo neonato poteva viaggiare nell’isola da un mare all’altro senza che le si torcesse un capello”. Può essere interessante ricordare la tutela dell’individuo rispetto al furto prevista dal codice di Hammurabi: il derubato doveva fare una minuziosa esposizione di quanto aveva perso al cospetto della divinità e il governatore della città era tenuto a risarcirlo di tutto quanto. Questa legge era giustificata dal fatto che se esistevano ladri nel territorio la responsabilità poteva essere ricondotta allo Stato.
Se applicassimo in Italia il codice di Hammurabi e il Governo dovesse rimborsare il cittadino, considerate le violenze sulle donne, la presa di possesso delle case private, i furti ricorrenti, non basterebbero le risorse di bilancio destinate al welfare.
Quando bande di criminali occupano interi quartieri, come il Centro storico di Genova, si ha la prova “visiva” dell’assenza dello Stato, che tuttavia continua a pretendere le imposte sulle case e sui negozi.
Ai nostri giorni, se ti rubano la macchina o ti portano via la borsetta e il portafoglio mentre passeggi, sono “fatti tuoi”. La denuncia alla Stazione dei Carabinieri si risolve nella firma di un modulo, subito archiviato in polverosi magazzini. In America i furti nei supermercati non sono neppure presi in considerazione dai giudici, molti dei quali pensano che si tratti di un “reato per sopravvivere”.
La cultura del “ladro per necessità” risale all’Ottocento. Jean Valjean è un personaggio immaginario protagonista del romanzo “I Miserabili”, che era stato arrestato dalla polizia per furto sacrilego e scagionato dal Vescovo. Ci sono poi attività illegali, che sono considerate veri e propri “mestieri”. Ricordo il caso del Questore di Brindisi Francesco Forleo, arrestato per avere sparato su una barca che trasportava sigarette americane, uccidendo il contrabbandiere.
La stessa “logica giuridica” viene oggi applicata nei confronti degli immigrati irregolari che delinquono. Non ci vuole molta fantasia per concludere che gran parte di costoro non trova lavoro e finisce in mezzo a una strada e spesso non ha alternativa al furto seriale o allo spaccio della droga. Non per questo puoi giustificare lo spaccio di droga per “necessità”.
Quando pensi ai ghetti dove questi sacrificati sono relegati a vivere, arrivi a giustificare le “reazioni delinquenziali” che rappresentano una forma di “giustizia fai da te” ai danni dei cittadini. La ribellione non sarebbe colpa degli “irregolari” che violano le leggi, bensì dell’inefficienza delle burocrazie dei paesi ospitanti.
Il dibattito politico vede due tesi contrapposte. Da una parte, i “progressisti” affermano che la tutela dei diritti umani è di rango superiore rispetto all’ordine pubblico e che quindi ogni emigrato che arriva sui barchini deve essere ricevuto nei nostri Centri di Accoglienza (o nei CPR) per verificare il diritto d’asilo a prescindere dai rischi che ne derivano, dai tempi e dai costi del mantenimento. I “reazionari” ritengono invece che la selezione possa avvenire all’estero dal momento che i Centri di Accoglienza in Italia non garantiscono il successivo “esodo incontrollato”. Insomma, quando l’immigrato irregolare sbarca in Italia, può liberamente trasferirsi sulle strade di Milano o di qualche città europea, non per sua scelta e colpa, bensì dei Governi in carica “inadeguati”.
Il fenomeno si verifica peraltro anche a Parigi, a Londra e a Berlino. La scelta di creare un CPR in Albania, è stata una soluzione ritenuta praticabile rispetto all’inefficienza “istituzionale” che coinvolge l’Europa “democratica”. Il respingimento via mare era stato adottato dal governo Prodi nei confronti degli albanesi, ma uno “scempio” simile non deve più ripetersi. Se penso alla tragedia albanese per la quale nessun Pm è intervenuto e la paragono con la persecuzione giudiziaria di un Ministro assolto dopo sei anni di gogna mediatica, la mia vecchia fede sull’indipendenza dei Magistrati, tristemente vacilla.
Credo comunque che i Centri in Albania siano stati un errore politico. La Meloni avrebbe dovuto “risanare” i “Centri”, ridimensionando il business delle Ong, delle Cooperative sociali o dei Consorzi e prevedendo una penale per ogni emigrato irregolare che sparisce nel nulla. Purtroppo, il Ministero degli Interni non ha le professionalità necessarie per concepire un piano di questa levatura tecnico-giuridica. Alcuni Governi europei hanno firmato accordi bilaterali di “deterrenza” che prevedono l’obbligo di far scontare la pena degli irregolari condannati, nei rispettivi paesi d’origine. Dobbiamo concludere con pragmatismo e pazienza, che il cittadino non può far conto su uno Stato in grado di proteggerlo dai delinquenti e che la percezione dell’impotenza delle nostre Istituzioni è diventata generale e incontrollabile.
Il grande “Patto” tra cittadino e Potere è dunque venuto meno e l’etica della “Giustizia fai da te” sta assumendo forme divenute incontrollabili. La categoria dei gioiellieri, tra le più esposte al crimine, avrebbe diritti da vendere se organizzasse cortei e paralizzasse le città, sullo stesso piano dei dipendenti dell’Ilva. I “progressisti” affermano che i diritti dei lavoratori dell’acciaio non sono paragonabili a quelli di un orafo dei cui servizi si può fare a meno. I “reazionari” ribattono che il gettito statale che consentirà di pagare la liquidazione e la pensione dei lavoratori che fossero licenziati, proviene in gran parte dall’industria del lusso.
A questo punto dobbiamo porci la domanda: il comune cittadino che “ha paura”, può sostituirsi allo Stato per proteggersi da solo?
L’interrogativo fa venire i brividi. Pensiamo al padre la cui figlia è stata violentata, magari da qualche immigrato senza dimora. In questa circostanza molti riterrebbero giustificabile un genitore che si rivolge alla manovalanza mafiosa per “punire” il responsabile. Come del resto facevano i nostri connazionali di Little Italy nell’America degli Anni Venti. In quel periodo se veniva rapito un figlio, molti ricorrevano al “Padrino”. Le nostre democrazie considerano reato il pagamento del riscatto da parte dei parenti della vittima. I ricchi si rivolgono spesso alle guardie del corpo private per proteggersi da possibili tentativi di minacce, aggressioni, furti, atti vandalici o per accompagnare i figli in discoteca. Del resto, molti uomini politici hanno la scorta a spese dello Stato. Trump afferma che l’Europa non ha un futuro per il basso profilo delle istituzioni, per il pesante costo delle burocrazie inefficienti, per l’immigrazione incontrollata, per il dispendio di risorse in eserciti incapaci di formare una squadra. Egli afferma di avere cominciato a fare piazza pulita licenziando in tronco centinaia di migliaia di impiegati pubblici. A costo di non avere più il visto di ingresso negli Stati Uniti, proclamo il mio totale dissenso.
Per riformare l’Europa occorrono almeno due generazioni, bisogna uscire dalla democrazia dei “Principi” per ripristinare la cultura della responsabilità e dei sacrifici. L’unico dubbio è che gli Stati autarchici, ai quali Trump sembra affiancarsi, non ce ne diano il tempo.
