Clima: Kyoto agli sgoccioli, scade nel 2012

ROMA, 26 NOV – Quando si mise a punto un protocollo sul taglio delle emissioni di gas serra, per limitare il riscaldamento globale e contrastare gli impatti dei cambiamenti climatici, non si tenne probabilmente conto delle economie dei diversi Paesi. Un aspetto che adesso e' invece discriminante.

Il destino del protocollo di Kyoto e' infatti appeso a un filo, non solo per differenti opinioni politiche sulla vicenda relativa alla riduzione delle emissioni (soprattutto tra Paesi industrializzati e Paesi emergenti e in Via di Sviluppo) ma per questioni tecniche. Per il trattato taglia-CO2, siglato in terra nipponica nel 1997, si prevede il prolungamento della sua durata ma all'orizzonte, a causa delle complesse carte climatiche, non c'e' ancora niente di certo. E alla Conferenza di Durban si pensera' sicuramente al taglio delle emissioni ma anche, e mai come in questo frangente storico, si guardera' a quanto succede sui mercati.

La scadenza del primo periodo di applicazione di Kyoto e' fissata al 2012 (e' iniziato nel 2008). Ma nessuno ha ancora deciso che ne sara' del protocollo dal primo gennaio del 2013 in poi.

Kyoto e' l'unico trattato internazionale legalmente vincolante sulla riduzione delle emissioni (nonche' relativo a questioni climatiche), naturalmente per i Paesi che lo hanno prima sottoscritto e poi in seguito ratificato; si sono autoesclusi Usa e Cina, i due maggiori a livello planetario; l'Ue invece, favorevole a target piu' ambiziosi e a un accordo omnicomprensivo, emette l'11% del totale dei gas serra mondiali.

Per l'Italia l'obiettivo da raggiungere al 2012 era la riduzione delle proprie emissioni del 6,5% rispetto ai livelli del 1990 (l'anno di riferimento cui Kyoto ha agganciato i propri risultati). Un Kyoto 2 potrebbe, inoltre, consentire di lasciar pensare, e con le spalle coperte, i grandi della Terra a un accordo globale di riduzione della CO2, i cui possibili step potrebbero essere quelli di un taglio del 50% al 2030 e dell'80% al 2050.

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