Rinoceronte, la corsa ai corni: bassi rischi, alti profitti, un massacro

Pubblicato il 3 Gennaio 2013 - 13:15 OLTRE 6 MESI FA
Bracconieri tagliano i corni di un rinoceronte: il commercio illegale frutta come la droga senza gli stessi rischi

ROMA – Il corno di rinoceronte attira le gang criminali alla disperata ricerca di proventi alternativi a traffici che costano anni di galera. Un impressionante articolo pubblicato dal New York Times del 31 dicembre 2012 racconta la strage quotidiana in Africa di un animale la cui preziosa estremità da sempre è considerata magica quando non curativa. La richiesta asiatica di corni (anche per il balzo economico della Cina) è illimitata: un chilo di corno vale 66 mila dollari al mercato nero, un corno in media pesa 4 chili e mezzo. Mentre le leggi sono assai blande con bracconieri e cacciatori di frodo. Una logica economica ferrea: basso rischio, alto profitto.

L’articolo di Gaia Pianigiani racconta una realtà dai tratti romanzeschi, un mondo a parte che, dietro il volto presentabile di innocui safari, nasconde un sottobosco criminale popolato da “prostitute tailandesi, gangster irlandesi, diplomatici vietnamiti, scienziati cinesi, veterinari, piloti di elicottero…” fino a una stella texana del rodeo a caccia di soldi facili usava Facebook per assicurarsi corni di pregio. La corsa al nuovo oro sfrutta il pregiudizio asiatico, mai confortato da evidenze scientifiche, del valore taumaturgico del corno. E la rapacità di bracconieri senza scrupoli che lasciano il bestione sopravvissuto alle ere geologiche agonizzante nella savana con i corni mozzati. Uno spettacolo raccapricciante, anche perché, l’estremità cartilaginosa potrebbe ricrescere.

Tanto è vero che qualcuno vorrebbe legalizzare la pratica. Chi sostiene questa tesi con più forza è John Hume, un imprenditore sudafricano che al momento possiede 800 rinoceronti: attualmente “siede” sopra un tesoro potenziale da 900 chili di corni, una montagna che vale milioni di dollari. Niente affatto dicono gli animalisti, la legalizzazione non serve perché l’offerta non potrà mai soddisfare l’offerta. Il commercio internazionale di corni non risparmia niente e nessuno: l’anno scorso, al museo di Storia Naturale di Firenze sono stati trafugati tre preziosi corni risalenti al 1824.

In Sud Africa, dove la caccia è libera ma non  il commercio di corni, vive la maggioranza dei circa 28 mila esemplari rimasti. Solo nel 20017 i rinoceronti uccisi furono 13, l’anno scorso 630. Un clan criminale di stanza tra Laos e Thailandia, ha utilizzato prostitute tailandesi “impiegate” in Sud Africa per ottenere le licenze di caccia e mettere le mani sui corni. Per questo non è raro incontrare nella savana belle donne dai tratti orientali fatte scarrozzare sulle land rover in compagnia di brutti ceffi armati fino ai denti. Sono lì per sorvegliare il carico avendo passaporto e licenza regolarmente registrati. Ma il grilletto, non sono loro a tirarlo.