Bavaglio ai giornalisti, benda per i lettori

di Elisa D'Alto
Pubblicato il 9 Luglio 2010 - 16:26 OLTRE 6 MESI FA

Il “grido del silenzio” è l’ossimoro, ovvero una contraddizione in termini, più usato dai giornali per spiegare lo sciopero di oggi. Ma restare in silenzio per protesta rischia di lasciare inevase le domande sul perchè di questo sciopero. A proposito del disegno di legge sulle intercettazioni tante parole sono state spese, spesso usando definizioni divenute cliché. Legge-bavaglio è una di queste. Il bavaglio è quello messo sulla bocca di chi vuole parlare, raccontare e descrivere la realtà, quello sulla bocca del giornalista.

Ma la conseguenza più pesante di questo ddl, se dovesse diventare legge, è la benda per il lettore. Destinato quindi a non leggere, a essere informato molto meno di adesso su cosa succede nel suo Paese. Ecco perchè il “grido del silenzio” contro la “legge-bavaglio” non deve essere interpretato come una protesta corporativa, il lamento di chi vuole difendere a tutti i costi una professione, l’allarme di una “casta” che si arrocca a difesa dei propri privilegi.

Perchè il lavoro del giornalista, dare le notizie, è strettamente vincolato al diritto-dovere del lettore di informarsi. Bavaglio e benda, insomma, sono le due facce di una stessa medaglia.

Il disegno di legge ha subìto tante modifiche nei passaggi in Commissione, alla Camera e al Senato, ma la sostanza resta invariata. Le intercettazioni sono la base di tante indagini e restano segrete a lungo. Nella procedura penale restano segrete perchè l’indagato, come è ovvio, non deve sapere di essere intercettato. Durante le indagini arriva però un momento in cui il contenuto di quelle intercettazioni non è più segreto: è il momento in cui all’indagato viene notificato di essere stato intercettato. Il magistrato lo fa perchè quella persona ha diritto a difendersi e quindi deve sapere di cosa viene accusato.

A quel punto, se le intercettazioni non sono più coperte da segreto, al giornalista viene concessa la pubblicazione, ma solo per riassunto o brevi stralci. Perchè il codice di procedura penale tiene sì conto del diritto di difesa dell’indagato, ma anche del diritto di cronaca, qualora l’indagato e i reati dei quali è sospettato siano di interesse pubblico. E’ l’interesse pubblico, e solo quello, a fare sì che sui giornali finiscano le conversazioni dei Bertolaso, dei Ricucci, dei Balducci e degli Anemone.

Il disegno di legge, così com’è oggi, vieta la pubblicazione, anche solo per riassunto o per brevi stralci, del contenuto delle intercettazioni fino alla conclusione delle indagini. Quindi, se un’indagine si basa proprio sulle intercettazioni, la conseguenza è un black out totale, una copertura del fatto lunga mesi, se non anni, ossia il tempo medio delle indagini preliminari in Italia.

Questo è quello che il disegno di legge prevede sul punto specifico “intercettazioni e pubblicazione”. Senza contare le restrizioni per i magistrati che indagano, le multe per gli editori, il carcere e la sospensione dal lavoro per i giornalisti.

Per questo oggi in edicola non ci sono i principali quotidiani, i tg vanno in onda in formato ridottissimo e molti siti non sono aggiornati. Perchè questa non è solo la protesta di chi nella stampa ci lavora e pensa che con il bavaglio farebbe un lavoro molto più monotono e noioso. E’ (o dovrebbe essere) la protesta di chi i giornali vuole continuare a leggerli perchè pensa che il proprio diritto a essere informato sia più importante del diritto alla privacy di un ministro o di un personaggio, peraltro pubblico, finito sotto indagine. Senza benda.