ROMA – Come titolare del dicastero della Giustizia il ministro grillino Alfonso Bonafede avrebbe dovuto conoscere il rapporto che i suoi uffici hanno inviato al Parlamento sull’applicazione delle misure cautelari e sulle riparazioni per ingiusta detenzione. Qui si legge che nel 2018, dati più recenti, 257 volte ricorre la parola “sentenza definitiva di assoluzione” in procedimenti in cui era stata disposta la misura cautelare del carcere.
Se includiamo anche le sentenze di assoluzione non definitiva e le altre sentenze di proscioglimento, il totale arriva a 1.355 custodie cautelari in carcere in un anno che hanno coinvolto soggetti poi scagionati dalle accuse. Il 2,53 per cento del totale delle misure cautelari in procedimenti definiti nel 2018 (53.560).
I dati di cui sopra gli avrebbero evitato di dire in tv (a Otto e mezzo su La7) che in Italia “gli innocenti non finiscono in carcere”. Qui entra in ballo il Travaglio appena sfanculato (sic) da Gaia Tortora, giornalista tv e figlia di Enzo per aver detto che “non c’è nulla di scandaloso che i presunti innocenti finiscano in carcere”. Segue appunto il vaffa e poi la tempesta di sms dello stesso Travaglio che le dà della poveretta, le consiglia un corso di recupero per ciucci e via pontificando.
La nuova controversa legge infatti blocca la prescrizione solo dopo il primo grado di giudizio. Dunque quando l’imputato è tecnicamente ancora un presunto innocente. Bonafede e Travaglio, per difendere la legge del fine processo mai, possono dire quindi che un innocente in galera non è uno scandalo perché già succedeva prima. Roba da manettari fatti e finiti che a Carnevale vestono i panni dell’azzeccagarbugli. Di pura lana caprina.
La signora Tortora ha perso il padre pochi mesi dopo la fine dell’incubo giudiziario che l’ha visto 7 mesi in cella da presunto innocente? Una poveretta che non capisce. Poteva anche ricordarle, Travaglio, così, come cortesia supplementare, che il padre non è stato vittima di un errore giudiziario. Anche i dieci anni che gli affibbiarono i bravi pm di allora (con tanto di brindisi dei giornalisti tutti) vanno infatti iscritti alla voce “ingiusta detenzione. Perché la presunzione di innocenza vale fino al terzo grado di giudizio (Tortora fu assolto in Corte d’Appello). E perché l’errore giudiziario riguarda solo gli imputati giudicati colpevoli, cosa possibile solo quando la sentenza non è più impugnabile.
Oggi Travaglio insiste e fa la vittima invertendo l’onere della prova (“ho scritto cose vere senza nominarla né pensarla, lei mi ha mandato affanculo su Twitter, dunque lei è la vittima e io l’aggressore”).
Intanto nel mondo sognato dai Travaglio, i Bonafede, i Davigo, i Beppe Grillo gli innocenti in carcere non ci vanno e non ci sono mai andati mentre i pm non abusano e non hanno mai abusato del carcere per far confessare quello che non sono riusciti a provare con le indagini. (fonti Il Fatto quotidiano, Twitter)