Ue: salta l’accordo sul nucleare, troppa paura di incidenti

Pubblicato il 8 Aprile 2011 - 23:59| Aggiornato il 9 Aprile 2011 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il nucleare divide l’Europa, ma anche l’Italia. La prova è nel Parlamento di Strasburgo che si frantuma al momento di votare una risoluzione di raccomandazioni per i governi sul tema della sicurezza alla luce dell’incidente di Fukushima. E non riesce ad approvare nè il testo comune, nè uno di quelli presentati dai cinque principali partiti. A suscitare le divisioni – non solo tra gruppi politici, ma anche tra ‘squadre’ nazionali e all’interno degli schieramenti – due temi: una richiesta di exit strategy ”a medio e lungo termine” avanzata dai socialisti con il Pd in testa ed una moratoria per l’attivazione di nuovi reattori almeno fino a che non saranno completati gli ‘stress test’ che entro l’anno si faranno su tutte le 148 centrali atomiche del continente.

E’ finita a tutti contro tutti. Con il Pdl, che vorrebbe il rilancio dell’atomo italiano, diviso sulla moratoria. Con l’Idv, che ha proposto il referendum antinucleare, separato in casa sulla votazione finale. E con il Pd che non vede passare la sua proposta ma canta vittoria perchè il ‘no’ alla risoluzione finale dimostrerebbe che ”non si può parlare di nucleare senza parlare di strategie di dismissione e di investimenti sulle energie rinnovabili”.

Eppure alla vigilia, tutti – il Ppe dei 21 premier su 27 Ue, i socialisti dello S&D, ma anche i Verdi, i libdem dell’Alde ed i comunisti del Gue – avevano trovato un accordo su una risoluzione comune che chiedeva di imparare la lezione giapponese e quindi – tra l’altro – di chiudere gli impianti che dovessero fallire i test ed avere esperti indipendenti nella conduzione dei controlli. Sulla ‘exit strategy’ dal nucleare, inserita forzando la mano sul Trattato di Lisbona che riserva in esclusiva ai governi le scelte di politica energetica, lo S&D si è trovato contro troppi interessi. E’ andato sotto per 326 no, 251 sì e 47 astenuti, pur avendo diviso il Ppe: con 4 italiani del Pdl, gli austriaci, alcuni tedeschi e qualche francese che hanno detto sì.

Per i socialisti era la linea del Piave: o passava quel testo, o avrebbero detto no su tutto. Ma lo scontro tra fazioni si era già scatenato sulla richiesta di ”moratoria per lo sviluppo e l’attivazione dei nuovi reattori nucleari almeno per il periodo in cui si svolgono e si valutano le prove di stress”. L’idea generale è passata (311 sì, 277 no, 31 astensioni), con il sì anche dei socialisti francesi (i cui governi avviarono il programma nucleare di Parigi che generà il 75% del fabbisogno elettrico del paese) e il sostegno di 9 deputati Pdl.

Sulla durata invece sono prevalsi i no. Di fatto sono emerse le divisioni per interessi nazionali. Tolti i Verdi sempre compatti, i socialisti inglesi ed est europei hanno cominciato a votare contro le indicazioni di partito, così come nel Ppe i tedeschi della Cdu della Merkel e gli austriaci antinuclearisti convinti. Nella votazione sul testo finale, sono saltati tutti gli schemi. Il Ppe, il cui capogruppo francese Joseph Daul voleva comunque l’approvazione, ha perso 56 dei suoi voti (7 dei quali francesi). Nello S&D il capogruppo Schulz si è astenuto, ma la maggioranza – con tutto il Pd guidato da Sassoli – ha votato per la bocciatura di ”un testo monco”. Con loro i Verdi.

Nell’Alde ai 43 favorevoli compreso il capogruppo Verhofstadt, hanno risposto 10 contrari. Con il caso dell’Idv promotore del referendum in Italia che ha visto il sì del capogruppo Rinaldi e i no di Alfano, Uggias e Vattimo. Divisi persino gli euroscettici: con Lega a favore di un testo che prevedeva una moratoria a tempo indeterminato e gli inglesi dell’Ukip contro.