Non la banca, ma nella banca: trappola e cresta da 30 miliardi sui titoli

Pubblicato il 7 Novembre 2012 - 13:42 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Non è facile capire i termini dell’ultima “trappola” confezionata non “dalle” banche ma “nelle” banche. Una cresta da almeno 30 miliardi ideata non direttamente dagli istituti ma da chi all’interno ci lavorava: manager, capi desk. Trappola portata alla luce da un’inchiesta della procura di Milano secondo la quale (si legge nel capo d’imputazione per 18 persone) i manager si accordavano per acquistare determinati titoli “a condizioni non rispondenti alle politiche economiche degli istituti di credito e diverse da quelle conseguibili dal mercato”, li rivendevano “allo scoperto”, ossia senza necessità di pagamento a una finanziaria svizzera chiamata Luftin che a sua volta li cedeva all’acquirente “al solo scopo di un utile certo sul differenziale di scambio”.

Il linguaggio tecnico non è decisamente alla portata di tutti, ma la sostanza è chiara. La ricostruzione della procura, che procede per associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, è la seguente: alcuni manager di importanti banche e Sim (società di intermediazione mobiliare) tra il 2002 e il 2009 avevano architettato un metodo per garantirsi “creste” sulla compravendita si eurobond o titoli italiani. Il tutto grazie all’intermediazione di una finanziaria svizzera, la Luftin, chiusa nel 2010.

Piccole somme per volta, nell’ordine dei 20-30 mila euro, che finivano dritte nel portafogli dei singoli manager per cifre complessive da capogiro. E’ stata stimata una “trappola” da almeno 30 miliardi di euro. Denaro che ovviamente sfuggiva alle lenti del Fisco e che spesso veniva depositato su conti accesi in Svizzera. I 18 dipendenti coinvolti nell’inchiesta lavoravano per grandi banche, tra queste: Unicredit, Hvp Corporates&Markets Milano, Bnp Paribas,  Banca popolare di Lodi, Banca Cassa Lombarda, Banca di credito cooperativo di Roma, Royal Bank of Scotland.