Caso Emanuela Orlandi, due nuovi indagati

Pubblicato il 11 Marzo 2010 - 18:23 OLTRE 6 MESI FA

Ci sono altri due indagati per la scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma il 28 giugno 1983. Si tratta di Angelo Cassani, detto “Ciletto”, e Gianfranco Cerboni, noto come “Giggetto”. Sono iscritti per sequestro di persona a scopo di estorsione aggravato dalla morte dell’ostaggio.

Secondo l’ipotesi degli inquirenti romani, Angelo Cassani, 49 anni, e Gianfranco Cerboni, 47 anni, avrebbero pedinato Emanuela Orlandi e, probabilmente, eseguito anche il sequestro. Entrambi, attualmente a piede libero e con precedenti penali, interrogati dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Simona Maisto, hanno respinto le accuse. Cerboni ha anche negato di essere soprannominato “Giggetto”.

I due, secondo quanto accertato dagli inquirenti, non facevano parte della Banda della Magliana, ma gravitavano intorno al boss Giorgio Paradisi, morto nel 2006 per tumore, e già braccio operativo di Enrico “Renatino” De Pedis. A loro gli inquirenti sono risaliti tramite le dichiarazioni della supertestimone Sabrina Minardi e di altri collaboratori di giustizia. Cassani e Cerboni, i quali hanno ammesso di aver conosciuto Paradisi negli anni Ottanta, facevano parte, insieme con una terza persona allo stato non identificata, di una sorta di “batteria” al servizio di Paradisi.

La”svolta” nell’inchiesta sul sequestro di Emanuela Orlandi è avvenuta ieri 10 marzo. Il primo a finire sotto indagine è Sergio Virtù, 49 anni, indicato da Sabrina Minardi (ex amante del boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis) come l’autista di Renatino: i reati che gli vengono contestati sono l’omicidio volontario aggravato e il sequestro di persona. Virtù oggi è stato arrestato per altri reati e trasferito nel carcere di Regina Coeli.

I legali della famiglia Orlandi Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili avevano dichiarato a proposito dell’ex autista di attendere ulteriori riscontri: «In quasi ventisette anni dal sequestro, le piste sono state tante dunque è difficile per ora stabilire l’attendibilità». Ciò detto, Krogh e Piergentili «apprezzano l’impegno della magistratura che insiste nella ricerca di un responsabile».