Mille parrocchie, 16 milioni di voti. I cattolici nel post Berlusconi

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 4 Ottobre 2011 - 09:07 OLTRE 6 MESI FA

Angelo Bagnasco (lapresse)

ROMA – Il cardinale Bagnasco non aveva ancora finito di annunciare “una prolusione impegnativa sul ruolo dei cattolici in politica” che immediata è scattata la corsa ad anticiparne i contenuti: dove va quella galassia dalle mille anime e altrettante articolazioni che per semplicità chiamiamo Chiesa? Quell’universo cui si ispirano 16 milioni di italiani è effettivamente in movimento, sta cercando nuove direzioni, altri modi di impegnarsi in politica, interlocutori diversi.

Ora che i vescovi hanno sommessamente ma a divinis consegnato Silvio Berlusconi alla Storia, ci si interroga febbrilmente, specie nelle segreterie dei partiti, su quali forma, peso, identità prenderà questo blocco designato a raccoglierne l’eredità politica o quantomeno colmarne la voragine. Illudendosi, ovviamente, che sia la Chiesa a riposizionarsi nel nuovo scacchiere politico e non gli ansimanti partiti a ruotargli intorno come satelliti impazziti.Per il momento, ed è un manifestazione di salute, di presa sulla società, ci si conta. Anche per dimostrare, con la forza dei numeri, la capacità di mobilitazione.

Per la prima volta dal Concilio Vaticano II tutte le associazioni cattoliche si riuniranno insieme per un Seminario a porte chiuse che sarà introdotto dall’attesa prolusione di Bagnasco. A Todi, il 17 ottobre, ci saranno tutti: dal Forum delle associazioni cattoliche del mondo del lavoro (circa 11 milioni di iscritti, tra Cisl, Confartigianato, Coldiretti), a Retinopera (associazionismo di base e del volontariato, 5 milioni di iscritti). Cui si aggiungono l’Azione Cattolica (300 mila aderenti fra laici impegnati nelle diocesi), gli scout dell’Agesci, il Movimento dei Focolari (2 milioni di iscritti), la Compagnia delle Opere (500 mila iscritti), la Comunità di Sant’Egidio (opera in 70 paesi) ecc.. Una pluralità di voci, interessi, valori convergente, da un punto di vista politico, sulla dottrina sociale della Chiesa, obbediente senza riserve all’autorità del Papa e dei suoi vicari. Miglia di sedi, strutture territoriali, diocesi, ospitano una comunità che agisce senza clamore, ignorata o quasi dalle tv strepitanti, spesso mal rappresentata se non fraintesa da quelle decine di politici che si incaricano di rappresentarla per professione o opportunismo.

Dove va allora la Chiesa? Impossibile esprimersi, come all’inizio di un conclave. Ognuno legge i segnali che meglio corrispondono alla proiezione dei propri desideri. Rocco Buttiglione, vagheggia un partito dei cattolici che nasca da quello che chiama con poca originalità il “movimento dei movimenti”. L’unità dei cattolici in politica è stata sempre invocata dalla fine della Democrazia Cristiana in poi, ma monsignor Crociata ha dovuto ricordare che la Chiesa non fonda partiti, non fa i governi né li disfa. Però l’orizzonte del Partito Popolare Europeo è sufficientemente vago per essere preso a modello per un indirizzo, un programma di lavoro. E una maggiore unità di intenti collocherà i cattolici stabilmente nel centro destra? Lo teme davvero Bersani, cui è stata rimproverata una certa distanza, forse poca attenzione al discorso di Bagnasco in cui non solo abbandonava Berlusconi al suo destino “per purificare l’aria”.

Bagnasco, nella stesso discorso ha ripetuto tre volte che bisognava stare insieme, che il pluralismo non aveva funzionato e che ora non è più tempo per “avventure solitarie per essere significativi ed efficaci”. Bersani ha compreso bene che Bagnsco non stava proponendo un trasloco di massa nel Pd, tutt’altro. Secondo Giuseppe De Rita, direttore del Censis, quello cattolico non è un mondo unitario, non è ancora in grado di esprimere una linea politica: “Ma in due anni sono stati fatti molti passi in avanti. Tre anni fa non sarebbe stato possibile neppure fare Todi, bisognava chiedere il permesso a Bertone”. Appunto, finita un’era politica, che pure molto ha concesso alle istanze dei cattolici, si ricomincia a discutere, a fare politica, a riconoscersi e infine a contarsi. A contare anche i voti ci penserà la Provvidenza.