Domenica libera dal lavoro o no come vuole Monti? Sindacati-Chiesa uniti

Mario Monti (Lapresse)

ROMA – La domenica libera dal lavoro oppure negozi aperti e serrande alzate come vuole il premier Mario Monti?

Il prezzo del giorno festivo per molti italiani è impossibile da stabilire, impagabile perché momento di riposo praticamente sacro, tanto da fare avvicinare in un solo fronte la Chiesa e i sindacati sotto l’egida della domenica libera e senza prezzo.

Sotto lo slogan “La domenica non ha prezzo” la European Sunday Alliance ha organizzato la giornata europeain Italia, in Austria, Belgio, Svizzera, Francia, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Germania, Polonia.

Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, ieri ha scritto che “tutto in fondo oggi si può vendere e comprare, ma la domenica, che è la nostra libertà insieme personale e collettiva, non ha prezzo”.

La Filcams Cgil (che con Cisl, Uil e Confesercenti partecipa all’iniziativa) appoggia i momenti liberi dal lavoro e sostiene che che la liberalizzazione di orari e aperture domenicali e festive voluta dal «salva Italia» del governo Monti “non crea nuovi posti di lavoro ma esaurisce chi già c’è con turni pesanti e richieste eccessive di flessibilità”.

Antonio Socci su Libero attacca duramente Monti scrivendo che così il premier “abolisce Dio e il popolo”: “Già la presunzione di Monti nel chiamare «salva Italia» il suo decreto tartassatorio, oltreché irridente è quasi blasfema. Per i cristiani infatti a «salvare» è solo Dio. Non imperatori, tecnocrati, partiti, condottieri, duci o idoli vari. Al sedicente «salvatore» SuperMario si addice la battuta: «Dio esiste, ma non sei tu. Rilassati»”.

Prosegue così:  “Il codicillo del governo che «abolisce» Dio (o meglio abolisce il diritto di Dio che è stato il primo embrione dei diritti dell’uomo, come vedremo) è l’articolo 31 del «decreto salva Italia». Dove praticamente si decide che dovunque si possono aprire tutti gli esercizi commerciali 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno. Norma che finirà per allargarsi anche all’industria nella quale già è presente questa spinta. Dunque produrre, vendere e comprare a ciclo continuo. Senza più distinzione fra giorni feriali e festivi (Natale compreso), fra giorno e notte, fra mattina e sera”

E ancora: “Sembra una banalenorma amministrativa, invece è una svolta di (in)civiltà perché abolendo la festacomune- e imomenticomuni della giornata – distrugge non solo il fondamento della comunità religiosa, ma l’esperienza stessa della comunità, qualunque comunità, dalla famiglia a quella amicale e ricreativa dello stadio. Distrugge la sincronia sociale dei tempi comuni e quindi l’appartenenza a un gruppo, a un popolo. Per questo c’è l’opposizione indignata della Chiesa e dei sindacati (pure di associazioni di commercianti). La cosa infatti non riguarda solo chi – per motivi religiosi – vede praticamente abolita la domenica, il giorno del Signore (per i cristianiè memoria della Resurrezione di Cristo e simbolo dell’Eterno in cui sfocerà il tempo)”.

 

 

 

 

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