Ti fingi donna (o uomo) in chat? A Rimini un condannato a 1 anno e due mesi

di redazione Blitz
Pubblicato il 13 Dicembre 2013 - 20:08 OLTRE 6 MESI FA

chatRIMINI  – Ti fingi uomo (o donna) in chat su internet? Ti costruisci un’identità fittizia con sconosciuti incontrati sul web? Attenzione: a Rimini un ragazzo è stato condannato dal Tribunale a un anno e due mesi per “sostituzione di persona”.

Tutto inizia con la relazione gay “non convenzionale” tra due riminesi iniziata su Internet sei anni fa era terminata con una denuncia per violenza sessuale ed estorsione nel 2011. Ma oggi, dopo un anno e mezzo di processo, l’uomo accusato di violenza e ricatto, un 30enne ex impiegato pubblico, sposato e padre di tre figli, è stato assolto dal Tribunale collegiale di Rimini perché il fatto non sussiste.

L’uomo è stato però condannato a un anno e 2 mesi per sostituzione di persona, per aver cioè mentito sulla propria identità in alcuni contatti in Internet con la presunta vittima. Si chiude così un’intricata vicenda amorosa iniziata in rete, su siti per “schiavisti e feticisti”, e finita in un’aula di tribunale dopo la denuncia presentata dalla presunta vittima di abusi, un 20enne, atletico e eterosessuale, che secondo l’accusa era stato costretto ad atti sessuali con l’impiegato e ricattato per un paio di scarpe Nike.

L’imputato che per questi fatti era stato arrestato nel gennaio del 2011, difeso dagli avvocati Piero Venturi e Francesco Vasini, ai giudici aveva raccontato la predilezione per il “bondage”, di aver conosciuto la presunta vittima in chat nel 2007 e di averla incontrata solo due volte. Durante gli incontri i due avrebbero avuto dei rapporti, filmati con un telefonino. Le Nike, pagamento della presunta estorsione, secondo l’imputato erano state un regalo del ventenne in segno di amicizia.

Diversa la versione della presunta vittima che, in un interrogatorio non privo di contraddizioni, aveva raccontato di non conoscere la vera identità dell’altro, credendolo una donna, una certa Chantal, e che al momento di chiudere la relazione si era visto costretto a cedere alle richieste dell’imputato per non veder rivelata la propria omosessualità. La difesa dell’imputato ha però potuto dimostrare come la vittima conoscesse già la vera identità, ossia maschile, dell’imputato e che i rapporti erano stati consenzienti. La corte ha quindi assolto per i due capi d’imputazione più gravi, quello di violenza sessuale ed estorsione, ma ha condannato l’imputato per sostituzione di persona, cioè per essersi finto donna in chat.