La storia del mendicante da 20 mesi in carcere per una estorsione di 2 euro

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Gennaio 2024 - 10:22
La storia del mendicante da 20 mesi in carcere per una estorsione di 2 euro. Foto Ansa

(foto d’archivio Ansa)

Un mendicante nigeriano di 25 anni è in carcere da 20 mesi, quindi quasi due anni, per un’estorsione… di due euro. L’uomo, infatti, è stato condannato per aver chiesto 2 euro per parcheggiare una macchina nella zona di Fuorigrotta a Napoli tra via Campana e via Giulio Cesare.

Per il 25enne, raccontano le cronache, domani è in programma l’udienza d’Appello mentre deve essere incardinato anche un altro procedimento giudiziario promosso sempre dalla stessa persona per un’altra richiesta di denaro, identica, 2 euro.

La storia del mendicante da 20 mesi in carcere per una estorsione di 2 euro. Le parole dell’avvocato

“Non è possibile – spiega l’avvocato Salvia Antonelli, difensore di fiducia del nigeriano – che una persona possa rimanere in carcere da tanto tempo per una estorsione, reato che noi contestiamo abbia compiuto, di appena due euro. Mentre magari ci sta chi se ne va in giro dopo aver commesso un omicidio”.

Kelvin, racconta il suo legale, è un mendicante, assistito dalla chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Grazie al parroco faceva qualche lavoretto o spazzava la strada e chiedeva l’elemosina.

Sulla vicenda del giovane ha acceso i riflettori Samuele Ciambriello, garante campano delle persone private della libertà personale, che lo ha visitato in carcere. “Chiediamo – spiega – che Kelvin venga collocato in una comunità del Casertano che ha offerto la disponibilità a prenderlo. E’ evidente, in questa vicenda, che c’è una assoluta sproporzione di pena rispetto ai fatti contestati”.

Così come il nigeriano, aggiunge Ciambriello, “nelle carceri ci sono tanti casi di invisibili, di persone senza fissa dimora ed accusati di piccoli reati”.

Peraltro, l’avvocato Antonelli e lo stesso Ciambriello sottolineano che “per Kelvin, senza fissa dimora, viene addirittura ignorata la pronuncia della Corte costituzionale del 24 maggio scorso con la quale si dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 629 del codice penale nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità”.