ROMA – Condanna a 30 anni per Manuel Foffo e processo per Marco Prato. Questa la decisione del gup di Roma in merito all’atroce omicidio di Luca Varani. Il processo per Prato inizierà il prossimo 10 aprile. Il giudice ha fatto cadere le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi. Resta in piedi solo la crudeltà. Rabbia è stata espressa dai genitori di Luca dopo la sentenza che parlano apertamente di “giustizia a metà”. Il gup ha inoltre disposto una provvisionale in favore del genitori di 200 mila euro.
“Sono amareggiato – è stato il commento del padre – Questi omicidi non possono essere giudicati col rito abbreviato”. L’abbreviato ha permesso a Foffo lo sconto di un terzo della pena, col rito ordinario avrebbe rischiato l’ergastolo. Il gup di Roma ha sostanzialmente accolto le richieste del pm Francesco Scavo che lo scorso 6 febbraio, nel corso della requisitoria ricostruì tutti i drammatici passaggi del massacro avvenuto nell’appartamento di Foffo al Collatino, periferia Est di Roma. Tutto ebbe inizio con la delirante decisione da parte dei due imputati di individuare “una vittima” da colpire. Luca Varani fu invitato a un festino e subito stordito con un cocktail di alcol e farmaci.
Un’aggressione messa in atto con “fredda determinazione attraverso sevizie” nei confronti di un soggetto incapace di reagire a causa di un potente narcotico. “Un fatto di eccezionale gravità” ha raccontato l’accusa davanti al gup Nicola Di Grazia. Il pm nel corso della sua requisitoria ha riconosciuto che Foffo, reo confesso dell’omicidio, ha collaborato fornendo una versione che ha ribadito nel corso degli 8 interrogatori svolti nel carcere di Regina Coeli. Oltre alla premeditazione la Procura contesta ai due le aggravanti della crudeltà e dei motivi abietti e futili. Secondo Scavo, quello del Collatino fu un massacro pianificato in modo lucido.
Già nell’atto di chiusura indagini, la Procura aveva di fatto ricostruito l’intera vicenda ritagliando un ruolo “paritario” ai due nell’azione omicidiaria. Nella richiesta di rinvio a giudizio, il pm affermava che i due trentenni “dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l’evento” sono “usciti di casa nella mattinata del 4 marzo ed hanno girato in macchina per la vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita”.