Parmacotto accusata di truffa e falso in bilancio: sequestrati 11 milioni di euro

Parmacotto accusata di truffa e falso in bilancio: sequestrati 11 milioni di euro
Parmacotto accusata di truffa e falso in bilancio: sequestrati 11 milioni di euro (foto archivio Ansa)

PARMA – Un sequestro di beni per un valore di 11 milioni di euro quello avvenuto la mattina del 4 luglio nell’azienda Parmacotto. La Guardia di Finanza ha eseguito il sequestro dopo le accuse della Procura della Repubblica di truffa aggravata per ottenere denaro pubblico e falso in bilancio. Secondo le accuse l’azienda nel settembre 2011 avrebbe presentato degli artefici contabili e false attestazioni per ottenere i finanziamenti che gli sono stati poi erogati. Gli indagati sono due e per la gestione dell’azienda è stato nominato un amministratore giudiziario.

I dirigenti dell’azienda erano riusciti a far apparire la situazione economico-patrimoniale talmente fiorente da indurre in errore la Simest, ente del Ministero dello Sviluppo Economico (che ha finalità di sostenere e sviluppare investimenti produttivi e programmi di sviluppo di aziende italiane sane e redditizie), per erogare su richiesta della stessa Parmacotto il finanziamento di 11 milioni di euro. Questa liquidità finanziaria, in tutto e per tutto ”denaro pubblico”, è stata concessa nel settembre del 2011 grazie ad un bilancio non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria dell’azienda: in particolare, in quell’anno, gli amministratori avevano rinviato a esercizi futuri costi di gestione già certi, evitando così di far apparire una consistente perdita di esercizio.

La situazione critica è poi esplosa nel 2014 quando la società si è vista costretta a ricorrere alla procedura, prevista dalla legge Fallimentare, del “concordato preventivo in continuità”, per le enormi perdite non più “occultabili”. Il reato configurato dalla Procura della Repubblica è quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, commesso dai due amministratori, ora indagati. L’azienda ai tempi indicati dall’indagine era diretta da Marco Rosi.

L’azienda sotto sequestro non cesserà comunque la propria attività. Il complesso dei beni aziendali (disponibilità finanziarie, quote societarie, beni mobili e immobili, ecc), sottoposti a vincolo giudiziario, verranno utilizzati e gestiti sotto il controllo di un amministratore giudiziario, professionista del settore, appositamente nominato dalla Procura della Repubblica, per garantire la continuità e lo sviluppo aziendale e sino al completo recupero, da parte dello Stato, delle somme illecitamente percepite dalla società.

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