Petrolio Isis rivenduto in Italia al triplo: la rotta delle “navi fantasma” e gli affari della mafia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 31 Luglio 2017 - 11:59 OLTRE 6 MESI FA
Petrolio Isis rivenduto in Italia al triplo: la rotta delle "navi fantasma" e gli affari della mafia

Petrolio Isis rivenduto in Italia al triplo: la rotta delle “navi fantasma” e gli affari della mafia

ROMA – Il petrolio dell’Isis finisce in Italia, portato da “navi fantasma” sulle quali la Guardia di Finanza sta indagando. Un vero affare se si pensa che dalla Libia e dalla Siria il greggio di contrabbando viene portato nelle raffinerie italiane e rivenduto triplicando il prezzo. E nell’affare spunta l’ombra della mafia. Petrolio che potrebbe essere finito nelle nostre automobili, nei nostri motori, nelle nostre case.

Quel che finora è stato poco più che un sospetto, un’ipotesi investigativa plausibile ma assai difficile da dimostrare, si sta pian piano consolidando, tanto da finire in un report riservato del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, datato febbraio 2017, sul terrorismo islamico. “È possibile ritenere che le importazioni di petrolio da zone sottoposte al controllo delle organizzazioni terroristiche abbiano come terminali anche le principali raffinerie italiane”. E, di conseguenza, “disarticolare ogni possibile frode nel settore degli olii minerali può avere una valenza strategica nel contrasto al finanziamento al terrorismo”.

Ma quali sono gli indizi? Quali rotte seguono i contrabbandieri? Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per Repubblica scrivono:

Una prima risposta si trova a sessanta miglia a sud di Malta. In quel tratto di acque internazionali può capitare che le petroliere provenienti dalla Turchia e dalla Russia, e le bettoline cisterna salpate di nascosto dalla Libia, spariscano per qualche ora. Come risucchiate in un triangolo delle Bermuda al centro del Mediterraneo. In realtà si mettono d’accordo per spegnere i transponder di bordo che le rendono tracciabili, poi le bettoline si accostano e travasano il greggio clandestino sulle grosse cisterne. Finita l’operazione al buio, si allontanano e a distanza di sicurezza riaccendono il satellitare. Riappaiono sul monitor quando stanno già tornando in Libia, e la nave madre prosegue sulla rotta verso i porti della Sicilia, del centro-nord Italia, di Marsiglia.

Ma ovviamente c’è anche l’ombra della mafia. Come ha più volte spiegato il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, esistono “due potenziali punti di contatto ” tra “terrorismo islamico e criminalità organizzata”: la droga e il petrolio. Alcune indagini a Venezia e in Puglia hanno dimostrato l’interesse delle mafie per l’oro nero, secondo uno schema tipo: creano società fasulle all’estero, con oggetto sociale la commercializzazione di benzina; si accreditano, falsamente, come esportatori abituali; vendono direttamente ai gestori di pompe di benzina a prezzi ribassati; chiudono subito dopo la società. “Così raggiungono due obiettivi perché evadono l’Iva e riciclano denaro: due miliardi lo scorso anno in Italia”, spiega Andrea Rossetti, presidente di Assopetroli.