Riciclaggio. Gli amici di Mokbel, dal “portinaio” al “ciccione”

Pubblicato il 25 Febbraio 2010 - 18:07 OLTRE 6 MESI FA

Gennaro Mokbel e il boss Franco Pugliese

C’è una galassia nera che ruota attorno agli affari oscuri del senatore Nicola di Girolamo, alla truffa da 2 miliardi delle compagnie di telefonia e al riciclaggio di capitali dell’ndrangheta. Imprenditori, manager e avvocati con alle spalle una militanza nelle file dell’estrema destra e un presente “ripulito” grazie alle amicizie nel Popolo della Libertà, vicine al sindaco Gianni Alemanno, e sponsor di Renata Polverini nelle regionali nel Lazio.

C’è innanzitutto Gennaro Mokbel, 50 anni, imprenditore della Camilluccia «già esponente dell’organizzazione eversiva di destra Terza Posizione» amico degli ex Nar, Francesco Mambro e Giusva Fioravanti. Tra le sue vecchie frequentazioni figura Antonio D’Inzillo, killer della Banda della Magliana e dei Nar. Per gli inquirenti è la mente dell’organizzazione criminale.

Dalle intercettazioni infatti ne viene fuori un uomo spavaldo che dà ad ogni uomo dell’organizzazione un soprannome, mai affettuoso. Augusto Murri è il “ciccione”, il “vecchio” è Fabio Arrigoni, che quando tratta i soldi viene ribattezzato il “conte”. Carlo Focarelli è il “quadrupede”, Marco Toseroni diventa “Pinocchio” e il famoso pugile Vincenzo Cantatore, reo di non aver assecondato un capriccio del boss, si trasforma nel “nocciolina”. L’unico appellativo positivo è riservato a Silvio Fanella, il “pupillo”, che però appena sbaglia una mossa viene chiamato il “tacchino”. Dopo averli apostrofati così, Mokbel li incontrava a cena nel ristorante che aveva comprato a Roma in via Giano della Bella, il “Filadelfia”, nella zona Università.

Ma l’indagine rivela che nonostante i componenti dell’organizzazione si fossero arricchiti grazie a Molbel, lo stesso che dava del “portinaio” al senatore del Pdl,  molti di loro si sono rivoltati contro. Qui Mokbel  perse il controllo.