Norma anti-Ryanair nel Decreto Sviluppo: “Devono pagare le tasse in Italia”

ROMA – E’ stata inserita all’ultimo momento nel pacchetto del Decreto Sviluppo ed è stata ribattezzata come la “norma anti-Ryanair. La norma, presto all’esame del Senato, tocca un nervo scoperto. Ryanair infatti regola i suoi conti esclusivamente con il Fisco irlandese, dove il prelievo è ampiamente sotto il 20% degli utili. Idem dicasi per la assicurazioni sanitarie e previdenziali dei suoi dipendenti. Questi ultimi in realtà vivono, lavorano, invecchiano anche in Italia dove la low cost possiede una decina di basi (Bergamo, Ciampino, Pisa, Alghero, Bari, Brindisi, Trapani e Bologna).

Il decreto fissa con precisione cosa debba intendersi per “base aerea” specificando che essa si ha in presenza di “locali e infrastrutture dove si esercita in modo stabile e continuativo l’attività di trasporto aereo avvalendosi di lavoratori dipendenti”. Sembra un’ovvietà ma Ryanair ha sempre sostenuto di non avere un solo dipendente basato in Italia, che il suo personale sarebbe qui solo “di passaggio” anche quando ha la residenza nel nostro paese.

Interpretazione evidentemente controversa e che ha già portato le autorità italiane a muoversi: la procura di Bergamo, dove la società irlandese ha una base con 10 aerei, mobilita circa 600 persone e copre oltre il 75% del traffico dello scalo, contesta a Ryanair un’evasione di circa 13 milioni di euro.

Una presunta evasione che comporterebbe una doppia beffa: da un lato lo stato italiano non incassa un euro, dall’altro i dipendenti della compagnia si ritroveranno senza la pensione. Ogni vertenza in tal proposito è sempre andata a vuoto anche perché nessun pilota o hostess che indossa la divisa di Ryanair ha in tasca la tessera del sindacato. La relazione tecnica che accompagna il decreto sviluppo ipotizza un gettito fiscale per l’Italia di 89 milioni nel 2013 e 50,4 nell’anno successivo.

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