Melania Rea, arrestata una soldatessa nella caserma di Salvatore Parolisi

Pubblicato il 14 Giugno 2011 - 16:53| Aggiornato il 15 Giugno 2011 OLTRE 6 MESI FA

ASCOLI PICENO – Ancora alla ribalta della cronaca, nera, il 235esimo Reggimento Piceno, dove presta servizio Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore dell’esercito vedovo di Melania Rea. Nella stessa caserma è stata arrestata martedì la soldatessa 25enne Laura Titta, tra le 11 persone arrestate dai carabinieri di Aversa (Caserta) con l’accusa di favoreggiamento nei confronti del boss Giuseppe Setola e del suo gruppo. La soldatessa prestava servizio al Rav da 10 giorni. Considerata un’insospettabile, avrebbe avuto un ruolo importante nella logistica del clan prestandosi a fare da autista nello spostamento dei latitanti e a consegnare loro i pasti. Del Reggimento Piceno si era parlato, sempre in relazione al caso Rea, per via di una relazione extraconiugale di Parolisi con una soldatessa che era stata sua allieva, Ludovica P..

Insomma, non c’è pace per il Rav. Giorni fa aveva spezzato una lancia in suo favore il sindaco di Ascoli Guido Castelli, incontrando nella caserma Clementi le 400 volontarie che hanno appena iniziato l’iter addestrativo. ”Le soldatesse del 235/o Rav – aveva detto – sono un vanto per la città di Ascoli perché rappresentano un modello culturale e dei valori di riferimento cui ci sentiamo particolarmente vicini”. Il reggimento dell’Esercito è stato il primo ad aver aperto le porte alle reclute femminili.

Ma chi è la soldatessa Laura Titta? Dalla ricostruzione degli inquirenti sembra una ragazza piuttosto violenta, tanto che in passato aveva minacciato di uccidere l’ex fidanzato Giovanni Mola, oggi collaboratore di giustizia, se questi avesse parlato di lei agli investigatori: è lo stesso Mola a riferirlo in alcuni interrogatori. ”Ho saputo da mia mamma, venuta a colloquio a luglio 2009, che sono state fatte delle minacce contestualmente da Laura Titta e da Salvatore Laiso, detto Chicchinos. In particolare Laura andò a casa di mia mamma minacciandola che avrebbe ucciso me o altri componenti della famiglia se l’avessi accusata”. Gli investigatori non escludono che Titta progettasse di servirsi delle armi di ordinanza.

Si era fatta tatuare su una gamba la parola ”terrorista” Laura Titta. Emerge – come il fatto che fosse una donna dal carattere violento, pronta a rivolgersi ai boss del clan dei casalesi per far punire i fidanzati che non si comportavano come lei avrebbe voluto – dall’ordinanza di custodia cautelare. Il 2 luglio 2008 Laura convince il fidanzato del momento, Giovanni Mola, e l’altro affiliato al clan Paolo Gargiulo (che successivamente sarà arrestato con Setola nel covo di Mignano Montelungo) a picchiare ferocemente un suo ex, Giuseppe Madonia; la soldatessa attira Madonia in una trappola dandogli appuntamento vicino al cimitero di Giugliano (Napoli).

Per evitare ritorsione da parte della famiglia Madonia, a sua volta vicina agli ambienti della criminalità organizzata del Giuglianese, la soldatessa, accompagnata dalla madre, va a trovare il boss latitante Emilio Di Caterino, oggi collaboratore di giustizia: quest’ultimo convince gli amici del giovane picchiato a soprassedere in nome dell’alleanza con i casalesi. Poche settimane dopo, però, il 25 luglio, Laura organizza una nuova spedizione punitiva, questa volta contro Giovanni Mola, ”colpevole” di non volerle restituire l’auto da due giorni.

Anche in questo caso la soldatessa cerca l’aiuto di Di Caterino, che però non frattempo ha cambiato covo. Per rintracciarlo, Laura si rivolge a una sua cara amica, Francesca Maisto, a sua volta arrestata oggi: Maisto, fidanzata con Stefano, un giovane estraneo agli ambienti della malavita, è anche la compagna del boss detenuto Antonio Di Tella, sposato e con figli, ma oltre a ciò intrattiene una relazione con il latitante Emilio Di Caterino. Dalle carte dell’inchiesta emerge dunque un giro di conoscenze caratterizzato da grande promiscuità; a Laura Titta, per esempio, Emilio Di Caterino si rivolge perché accompagni da lui, durante l’assenza della moglie, la sua amica Angela.

Ci sono anche alcune intercettazioni: eloquente la telefonata tra l’allora fidanzato, Giovanni Mola e Laura, durante la quale lui le riferisce che ha intenzione di andare da solo a far visita al killer latitante Di Caterino nel suo nascondiglio; il boss ha chiesto di incontrare Angela e bisogna accompagnare la giovane da lui. ”Nel corso della conversazione – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – Laura Titta è presa da un raptus di gelosia in quanto Giovanni Mola esternava la volontà di procedere autonomamente in tal senso”.

Questa l’intercettazione del colloquio tra i due fidanzati, che tra l’altro ha consentito agli investigatori di comprendere che il ”Marco” di cui parlavano non era altri che Emilio Di Caterino: nella foga della conversazione, infatti, la soldatessa si lascia scappare il vero nome.   Laura: Ma fammi capire, che cazzo ci vai a fare da Angela?     Giovanni: Come, ci devo dire il fatto di Marco.   Laura: Ma non mi interessa, glielo vieni a dire insieme a me, quando stai con me, no solo tu. (omissis). Giovanni, devi andare da Angela, fammi capire?   Giovanni: Ma tu non mi ci vuoi portare, sono due settimane.   Laura: Ti porto io, ti porto, adesso tu non ti permettere proprio.   Giovanni: L’anno prossimo… L’anno prossimo mi ci porti.   Laura: Perchè se tu ti permetti, dopo te lo faccio vedere io.   Giovanni: L’anno prossimo mi ci porti.   Laura: Ma qual è il problema, mo Emilio… eh … mo Marco sta con la moglie, quindi non puoi lo stesso portarla là.   Giovanni: Umhh.   Laura: La moglie domani se ne va e domani andiamo là con Angela, va bene? Hai capito?”.