Veneto: dai “bambini di Dio” a Damanhur, le sette “fai da te”

VENEZIA – A Padova e Venezia avvenenti fanciulle si avvicinano a passanti sconosciuti e li abbracciano senza motivo, come facevano negli anni settanta le donne della setta apocalittica “I bambini di Dio” per adescare nuovi adepti. È il cosiddetto metodo del “flirty fishing”, la “pesca amorosa”, praticato da qualche tempo anche nelle province del triveneto.

Fenomeno in crescita. E “I bambini di Dio”, gruppo fondato da Moses David in America oltre 30 anni fa, non sono l’unica congrega parareligiosa che si sta espandendo in queste zone. Ad esempio, nei paesini di Oderzo, Sacile e Montebelluna si trovano i fedeli di Damanhur, gruppo new age che si ispira all’antico Egitto e che si è ricavato un luogo di culto scavando una città santa all’interno delle rocce. Veneto terra di settarismo, quindi, se si tiene conto che a Treviso, Belluno e Venezia si contano 118 gruppi, contro i 50 di un decennio fa. Un dato significativo visto che nello stesso periodo il numero complessivo delle sette italiane è cresciuto solo di 11 unità, passando dalle 604 del 2000 alle 615 del 2010.

Supporto. Ma c’è anche chi tenta di opporsi a tale espansione e di aiutare le persone che cadono vittime di queste forme di aggregazione: «Nella pratica quotidiana della nostra associazione, cerchiamo di non demonizzare chi entra a far parte delle sette, né tantomeno di fare grandi crociate colpevolizzando le famiglie di queste persone – racconta Ida Bellina, responsabile del Gris, il Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa di Vittorio Veneto – perché partiamo dal presupposto che alla base dell’ingresso in una realtà di questo genere c’è la ricerca di un senso, il tentativo di colmare un vuoto». Una soluzione che viene cercata in un modo nuovo: «Abbiamo notato che nell’ultimo periodo i gruppi “classici”, come Scientology o i Testimoni di Geova, hanno minore presa sulla gente mentre sono in aumento i gruppuscoli “fai da te”, sedicenti associazioni religiose in cui si promette un aumento delle prestazioni in campo lavorativo ed economico, e dove si insegnerebbe a far emergere le potenzialità individuali di ognuno».

Solitudine. La matrice comune è un richiamo alla filosofia new age, che viene declinata a seconda delle esigenze del momento, cercando spesso anche di lucrare alle spalle degli adepti: «Alcuni “fuoriusciti” – prosegue Bellina – ci hanno raccontato che dopo un paio di incontri iniziali gratuiti e molto motivanti, vengono proposti corsi a pagamento, di volta in volta sempre più costosi». C’è chi a questo punto si rende conto e si sottrae alla truffa, e chi invece persiste nella frequentazione perché «in questo periodo di crisi, dominato dalla solitudine e dall’individualismo, le persone hanno bisogno di percepire un senso di appartenenza a qualcosa, qualsiasi cosa». Il prossimo appuntamento dei volontari del Gris è a febbraio: una giornata di studio a Vittorio Veneto, per non perdere di vista la “questione sette”.

 

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