VENEZIA – Nelle moschee del Veneto si dovrà parlare italiano. E’ quanto stabilisce, tra le altre cose, la nuova legge regionale sui luoghi di culto, non a caso denominata legge anti-moschee.
Con 30 voti a favore, 8 contrari e un astenuto nella tarda serata di martedì il consiglio regionale del Veneto ha approvato la proposta di modifica della legge regionale del 2004 su “norme per il governo del territorio in materia di paesaggio e successive modificazioni”, che disciplina appunto la realizzazione ed attivazione di nuovi luoghi di culto. Una proposta che è stata accompagnata da un aspro dibattito politico che l’ha legata soprattutto al tema della realizzazione o meno di nuove moschee nella Regione guidata da Luca Zaia.
A favore della proposta si è espressa la maggioranza (Lega, Lista Zaia, Fi, Fdl-An) affiancata dalla Lista Tosi e da Veneto del Fare. Contrari Pd, M5s, Veneto civico, Lista Moretti. Assenti al momento del voto gli esponenti di Area Popolare.
Tra i punti più contestati dalle opposizioni c’è il divieto di realizzare di luoghi di culto nelle aree industriali o artigianali, o quelle che non permettono la celebrazione di funzioni religiose, ancorché in via estemporanea, in spazi aperti.
Ma la vera bomba è in un emendamento del relatore leghista Alessandro Montagnoli poi entrato nella legge che istituisce l’obbligo dell’uso della lingua italiana nelle funzioni religiose e la possibilità di sottoporre a referendum nei Comuni le norme di natura urbanistica. Secondo il Pd “esistono forti dubbi di costituzionalità in special modo per l’articolo 2 come è stato emendato. Non siamo riusciti a far comprendere le conseguenze che questa legge porterà”, ha detto il contro relatore Fracasso.
Si ricordi che la Corte Costituzionale era già intervenuta su un’analoga norma approvata in Lombardia, ordinandone l’eliminazione. Ma per Forza Italia e Lega si tratta invece di un fatto di sicurezza. “Viviamo in un periodo storico pericoloso, le città europee sono state colpite dal terrorismo islamico e bisogna dare un segnale perché nel nostro territorio non ci possono essere luoghi di culto creati senza controllo in capannoni, sottoscala, appartamenti privati- ha detto l’assessore all’istruzione Elena Donazzan– in cui l’omelia viene tenuta in una lingua che noi non comprendiamo”.