Viareggio. Muore Elisabeth, Marco torna a casa da Leo

Pubblicato il 22 Dicembre 2009 - 13:25 OLTRE 6 MESI FA

Esposione alla stazione di Viareggio

A sei mesi dall’esplosione del carrocisterna di gpl alla stazione di Viareggio (Lucca) il 29 giugno scorso, si allunga la lista delle vittime: è morta Elisabeth Guadalupe Silva, 36 anni, originaria dell’Ecuador. E come i binari di un treno che viaggiano paralleli, accanto alla morte, la vita prosegue e arriva anche una bella notizia: Marco Piagentini, che nella stage aveva perso moglie e due bambini, è tornato a casa dall’unico figlio rimasto illeso.

Poco meno di sei mesi in un letto d’ospedale con il 95% del corpo ustionato. E, probabilmente, un pensiero a tenerlo in vita. A casa, a Viareggio, c’era ad aspettarlo Leonardo, 8 anni, l’unico figlio scampato al terribile rogo provocato dalla fuoriuscita di gpl dalla cisterna ferroviaria in transito, la sera del 29 giugno, alla stazione di Viareggio. Marco Piagentini, 41 anni, ce l’ha fatta e è tornato a casa ad abbracciare il suo bambino. Marco e la moglie, Stefania Maccioni, 40 anni, morta anche lei pochi giorni dopo la tragedia, erano in via Ponchielli, nella loro abitazione, quella sera, poco prima di mezzanotte. I lampi, il rumore delle esplosioni, il fuoco tutt’intorno. La coppia aveva tentato di mettere in salvo i figli, Leonardo di 8 anni, Luca di 4 e Lorenzo, l’ultimo arrivato, di 17 mesi. Prima Lorenzo, portato in auto nella speranza che lì dentro fosse al sicuro. Poi, il ritorno per prendere gli altri due bambini.

Ma le fiamme li avvolgono, impediscono loro di raggiungere i due fratellini. Il piccolo Lorenzo muore nel rogo della vettura dove i suoi genitori pensavano di averlo messo al riparo. Luca viene trovato quasi subito dai soccorritori, in condizioni gravissime, e trasportato all’ospedale Meyer di Firenze dove muore il giorno dopo. Leonardo è soccorso tra le macerie della casa, il pigiamino ancora addosso, nascosto in una sorta di nicchia formata dal suo lettino, forse protetto da un materasso, quasi illeso. Stefania Maccioni è spirata tre giorni dopo, nell’ospedale di Pisa, per le ustioni profonde ed estese provocate dal fuoco.

Una famiglia sterminata, così come quella di Ibitzen, unica superstite della famiglia marocchina Ayad, che nel rogo ha perso i genitori, il fratello diciassettenne e la sorellina di 4 anni. Leonardo e Ibi sono diventati uno dei simboli del dolore e, nel contempo, della speranza, dopo la strage, nei giorni del cordoglio e del commiato. In una stanzetta dell’ospedale della Versilia, nel reparto pediatrico, Leonardo è rimasto per due settimane, protetto dall’affetto degli zii, della nonna, di parenti e amici mentre il babbo lottava tra la vita e la morte nel centro grandi ustionati dell’ospedale di Padova.

Quando il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si recò in visita ai feriti, il 7 luglio scorso, Leonardo gli regalò un disegno: un cielo immenso con tante nuvolette in vari livelli, come fossero gradinate, e in fondo, in basso, delle case. Su due nuvolette erano disegnati due bambini, i fratellini. Più in basso, sotto le case, i genitori. Napolitano quasi pianse mentre mostrava quel disegno. “Quindi, Leonardo ha capito”, riuscì a dire il capo dello Stato, visibilmente commosso. Intanto, nell’ospedale di Padova, la lenta, difficile guarigione di papà Marco è continuata. Già nelle scorse settimane il piccolo Leonardo è stato portato in visita al padre. Domenica il ritorno a casa, presso gli zii con cui Leonardo è vissuto in questo periodo. Un momento delicato, un incontro che ha bisogno di tranquillità e rispetto, invocano i famigliari. Perchè papà Marco e il piccolo Leonardo devono ritrovarsi, loro soltanto, purtroppo.