NAPOLI – Costruire un porcile sulla tomba di Vincenzo Amendola. Questo era l’obiettivo dei killer dopo l’omicidio del giovane di 18 anni, ucciso per aver avuto una relazione con la donna di un boss della camorra. Amendola era scomparso da casa lo scorso 5 febbraio e il suo corpo privo di vita è stato ritrovato in un terreno agricolo il 19 febbraio. A raccontare i dettagli agli investigatori è Gaetano Nunziato, uno dei tre sicari e amico di Amendola, in carcere con l’accusa di omicidio aggravato da metodi mafiosi e occultamento di cadavere.
Daniela De Crescenzo sul Mattino scrive che i killer hanno raccontato agli uomini del commissariato San Giovanni , periferia di Napoli, di aver ucciso Amendola e di voler gettare del cemento sulla tomba improvvisata per costruire un porcile, così che il corpo non sarebbe più stato ritrovato :
“E del resto i segni evidenti dell’avvio della costruzione sono ancora tutti là: un pezzo di cordolo di cemento, la griglia che ricopriva la tomba improvvisata e che doveva essere la base del manufatto, alcuni strumenti di lavoro. Tutto era pronto per costruire un rifugio per gli animali.
Poi Gaetano Nunziato, uno degli assassini, ha parlato, il corpo di Vincenzo è stato ritrovato e tutti gli sforzi per nasconderlo sono di colpo diventati inutili. La zona, tra l’altro, era stata già perlustrata anche con i cani che non avevano, però, avvertito la presenza del cadavere.
Ma allora, ne sono certi gli inquirenti, i lavori per la costruzione del porcile non erano ancora cominciati: probabilmente qualcuno li ha cominciati quando ormai il cerchio si era stretto intorno a Nunziato, a Gaetano Formicola e Giovanni Tabasco, i due uomini ancora in fuga. Operazioni che raccontano la ferocia di quei ragazzi del Bronx cresciuti insieme alla loro vittima. Ferocia, freddezza, deserto di ogni sentimento, sono, del resto, la colonna sonora della narrazione che Gaetano Nunziato ha fatto ai poliziotti e ai magistrati”.