ROMA – Per “riparare l’Italia” servirebbero “minimo 5 miliardi di euro di investimenti: 1,5 miliardi contro il dissesto idrogeologico e 3 miliardi e mezzo per le reti idriche. Non sono tutti soldi pubblici, una buona fetta viene dalle tariffe dell’acqua. Ma oltre alla quantità degli interventi, dobbiamo monitorare anche la qualità. Selezionando quelli che servono davvero e completandoli al meglio”.
Mauro Grassi, direttore della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, in una intervista al Giorno, parla dopo il crollo del Lungarno a Firenze, delle altre città a rischio. Ecco quali sono.
Per Genova e gli interventi sul Bisagno “abbiamo destinato 400 milioni per i vari lotti, gli esiti dei cantieri si vedranno tra 4 o 5 anni. Risalendo, si arriva a Torino, dove abbiamo in progetto un intervento importante sulle casse d’espansione della Dora Riparia. A Milano ci sono i 100 milioni per impedire le esondazioni del Seveso.
“Bologna ha fatto interventi importanti, Firenze è la terza città più a rischio, con una serie di progetti sull’Arno già finanziati”, spiega Grassi. “Carrara e gli argini sul Carrione sono una nostra priorità di interventi, assieme ai lavori per impedire che Viareggio si allaghi di nuovo”. Passando all’Adriatico, “abbiamo interventi a Cesenatico, 53 milioni investiti su Pescara, che finisce spesso sott’acqua. In Umbria c’è Foligno che rischia per le bizze del fiume Topino”.
“A Sarno abbiamo destinato 250 milioni per ricucire le frane”, continua Grassi. In Calabria “ci sono tanti interventi programmati: a Reggio, ad esempio, c’è la strada che va all’aeroporto costruita, letteralmente, sotto il fiume. Per non parlare di Rossano e Corigliano, alluvionati l’estate scorsa”.
“A Palermo e Catania c’è il sistema fognario “che provoca i rischi maggiori di esondazione. A Messina c’è un sistema di torrentelli molto pericoloso. Infine Olbia, con altri interventi già avviati. E le assicuro che questa mappa è solo parziale”.