Sequestrare i terroristi e fare soldi con la Cia: il business di alcune compagnie Usa

ROMA – Trasportare sospetti terroristi per conto della Cia e guadagnarci: secondo quanto scrive il Guardian sarebbe successo negli Stati Uniti. Alcune compagnie multinazionali americane avrebbero fatto soldi attraverso il business dei voli segreti effettuati dagli Usa per trasportare i sospetti terroristi nelle prigioni segrete della Cia.

Secondo il quotidiano britannico, documenti presentati al tribunale di New York confermerebbero come le multinazionali americane si sarebbero servite delle loro sedi in tutto il mondo per portarvi i sospetti e torturarli.

A far emergere con più dettagli quello che era solo un sospetto è stata la controversia che si è aperta dopo che una di queste compagnie ha citato in giudizio un’altra per una questione di prezzi.

Mentre si avvicina il decimo anniversario dall’11 settembre, diversi dati sono stati sottoposti alla corte di New York, e forniscono un’idea di quel mondo in cui la “guerra al terrore” è diventata, scrive il Guardian, soltanto un’altra “opportunità per gli affari americani”.

I nomi di alcune delle multinazionali coinvolte sarebbero stati resi noti per la prima volta, insieme ai nomi di alcuni degli esecutori materiali che conoscevano il vero scopo dei voli.

Una conseguenza non voluta potrebbe essere che alcune di queste aziende e individui rischiano adesso di essere citati in causa da alcuni sospetti talebani e membri di Al Qaida vittime innocenti del programma della Cia.

Il caso finito davanti al tribunale di New York riguarderebbe Sportsflight, un broker di aeroplani, e Richmor, un operatore aereo. La Richmor forniva gli aerei per la DynCorp, una compagnia militare privata, che agiva per conto della Cia. Le fatture per l’operazione passavano attraverso Sportsflight e un secondo broker aereo, Capital Aviation. Parti di DynCorp vennero vendute nel 2005, ed acquisirono il nome di DynCorp International.

Sportflight avrebbe noleggiato un business jet Gulfstream IV a 4.900 dollari l’ora, contro il prezzo di mercato di 5.450 dollari.  L’equipaggio era poi disponibile con solo 12 ore di preavviso. Il governo voleva “l’aereo più economico per compiere la missione”, avrebbe detto alla corte di New York Don Moss, proprietario di Sportflight.

Al tribunale sono state presentate come prove alcune fatture di voli sospetti di trasportare individui catturati e consegnati nella rete delle prigioni segrete della Cia nel mondo.

Un jet Gulfstream è stato identificato come l’aereo che riportò in Egitto Abu Omar dopo che gli agenti della Cia lo avevano sequestrato a Milano nel febbraio del 2003, portandolo al Cairo, dove lui sostiene di essere stato torturato.

Un’altra ricevuta di 30mila dollari relativa ad una serie di voli effettuati in otto giorni dal Gulfstream attraverso l’Alaska, il Giappone, la Thailandia, l’Afghanistan e lo Sri Lanka corrisponderebbe alla “cattura” di Encep Nuraman, leader dell’organizzazione terroristica indonesiano Jemaah Islamiyah.

Altre fatture seguono i voli che sarebbero stati usati per la “rendition” di Khalid Sheikh Mohammed, l’uomo che sostiene di aver organizzato gli attacchi dell’11 settembre.

Dopo essere stato catturato nel 2003, Mohammed scomparve nelle prigioni segrete della Cia, dove avrebbe subito per 183 volte in un mese il waterboarding, la tortura con l’acqua che, effettuata mentre il sospetto ha gli occhi bendati, simula la sensazione dell’annegamento. Il tribunale ha scoperto che il numero di riconoscimento dell’aereo venne cambiato dopo che il governo statunitense scoprì che i suoi movimenti – tra Bucarest e Guantanamo, tanto per citare due località dove si trovano prigioni della Cia – venivano monitorati. Successivamente quell’aereo venne pubblicamente collegato al rapimento di Abu Omar.

 

 

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