Diga Mosul, operazione alto rischio: Isis usa armi chimiche

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Dicembre 2015 - 10:02 OLTRE 6 MESI FA
Diga Mosul, operazione alto rischio: Isis usa armi chimiche

Diga Mosul, operazione alto rischio: Isis usa armi chimiche

ROMA – La spedizione in Iraq per ristrutturare l’impianto di Mosul sarà ad alto rischio. Bisognerà proteggere i convogli delle forniture. E difendersi dagli attacchi dell’Isis. Che lì ha usato anche le armi chimiche. Se, da una parte la spedizione di 450 soldati con cui l’Italia interviene nel conflitto contro lo Stato Islamico si configura oggettivamente a livello di immagine come una operazione di pace (no bombardamenti dal cielo), i pericoli sul terreno sono tali da non poter evitare una verità scomoda, i nostri soldati dovranno combattere.

Contro un nemico respinto, indebolito ma tutt’altro che sconfitto dai peshmerga curdi nell’Iraq del nord. Missione di pace che si concretizzerà armi in pugno per difendere la ristrutturazione (assegnata alla ditta italiana Trevi) della diga e degli impianti che consentono il funzionamento della centrale elettrica.

Lì circa cinquecento soldati italiani, quasi sicuramente parà della Folgore, dovranno essere pronti al pericolo più insidioso: le armi chimiche. Nello scorso giugno uno dei fortini curdi che difendono la diga è stato bersagliato con munizioni cariche di gas. Secondo gli esperti francesi, si trattava di granate da mortaio con testata alla clorina: una sostanza usata durante la prima guerra mondiale ma molto efficace. Gli ordigni sono stati prodotti negli arsenali dello Stato islamico. Che sarebbero in grado di confezionare pure ogive con iprite, un veleno ancora più micidiale. (Gianluca Di Feo, L’Espresso).

Ma per riuscire nell’intento di assicurare un cordone di sicurezza contro gli attacchi sarà necessario un’opera di bonifica per la quale potrebbe servire un contingente umano ben maggiore in termini numerici di quello annunciato da Matteo Renzi (a Portra a Porta, piuttosto che in Parlamento…).

Anche perché per 450 unità impegnate nella tutela del sito, ce ne dovranno essere almeno mille impegnate nella logistica e nella protezione profonda di coloro che saranno schierati. A meno che, nella sua non-conoscienza specifica, Matteo Renzi intendesse dare un totale: cioè che, nei 450, ci sarebbero anche i servizi logistici e le relative protezioni. Una eclatante sottostima che dovrà essere corretta in corso di schieramento, alla luce della dura constatazione dello stato sul campo. Per non parlare dei costi della spedizione, non sostenibili con le risorse dell’attuale finanziaria e con la prospettiva di un impegno serio di militari italiani in Libia. (Domenico Cacopardo, Italia Oggi).