Gelata di Pasqua del Papa a Berlusconi: “Vivere a lungo è una condanna”

Pubblicato il 4 Aprile 2010 - 09:17 OLTRE 6 MESI FA

Il Papa a San Pietro, Sabato Santo 2010

Papa Benedetto XVI ha presieduto,nella notte del Sabato Santo, nella basilica di San Pietro, la lunga celebrazione che anticipa la Pasqua senza fare accenno alcuno alle polemiche, agli scandali e agli attacchi che hanno tormentato la Chiesa cattolica e lui stesso nelle ultime settimane. Il Papa ha dedicato la sua omelia alle virtù taumaturgiche della fede e alla necessità di iniziarne il cammino rinunciando al peccato, inteso come “adorazione del potere”, “cupidigia”, “menzogna”, “crudeltà” e “dissolutezza”.

La liturgia era stata curata nei particolari, con una attrice italiana, Giuliana Lojodice, a recitare le letture. La cerimonia si è aperta come ogni anno con la benedizione del fuoco e l’accensione del cero pasquale. Poi si è snodata la processione nel buio della basilica, spezzato solo dalle candele, verso l’altare.

Nell’omelia, pronunciata al termine di una giornata di tensione segnata dalle polemiche degli ebrei per una frase del predicatore pontificio, il Papa ha preso spunto da antiche leggende giudaiche per sottolineare, innanzitutto, il senso dell’immortalità secondo la Chiesa. A qualcuno è parso come se il Papa, nelle maniere celestiali che usano i sacerdoti al suo livello, volesse criticare pubblicamente due personaggi pubblici italiani, il primo ministro Silvio Berlusconi e il prete don Luigi Verzé, fondatore dell’ospedale San Raffaele. Berlusconi considera il San Raffaele il suo ospedale preferito, vi si è fatto ricoverare dopo l’incidente della statuetta in faccia, ed è accomunato a Verzé, tra tante cose, anche dalla speranza che la medicina produca farmaci capaci di prolungare la sua, soprattutto,  e se capita anche la nostra vita.

Questo vale per Berlusconi, Verzé e in fondo per tutti noi: è di oggi la notizia che l’americana Desirée Pardi, la quale aiutava i pazienti a rassegnarsi all’idea della morte, quando ha scoperto di avere il cancro, ha deciso di lottare fino alla fine per vivere.  Su queste nobili aspirazioni il Papa ha gettato un secchio d’acqua gelata, con il freddo realismo di chi non ragiona in termini di anni, ma di eternità o, al minimo minimo, di millenni.

Da sempre, ha detto il Papa, l’uomo cerca la “medicina dell’immortalità”, e “anche oggi gli uomini sono alla ricerca di tale sostanza curativa”. E “pure la scienza medica attuale cerca, anche se non proprio di escludere la morte, di eliminare tuttavia il maggior numero possibile delle sue causa, di rimandarla sempre di più, di procurare una vita sempre migliore e più lunga”. Una tentazione sulla quale il pontefice invita ad interrogarsi, osservando che, “se si riuscisse, magari non ad escludere totalmente la morte ma a rimandarla indefinitamente”, “l’umanità invecchierebbe in misura straordinaria, per la gioventù non ci sarebbe più posto. Si spegnerebbe la capacità dell’innovazione e una vita interminabile sarebbe non un paradiso, ma piuttosto una condanna”.

Il Papa ha concluso dicendo: “La vera erba medicinale contro la morte, dovrebbe essere diversa. Non dovrebbe portare semplicemente un prolungamento indefinito di questa vita attuale”, ma “trasformare la nostra vita dal di dentro”, “creare in noi una vita nuova”, come avviene con il Battesimo.

Subito dopo Benedetto XVI è tornato sul tema dell’iniziazione alla fede descrivendolo come un “cambio di vesti”, “un percorso che dura tutta la vita”, fatto di rinunce e promesse. Per “contemplare il volto di Dio” occorre innanzitutto  iniziare a deporre le “vesti vecchie” del peccato, liberarsi, oggi come nell’antichità, “dall’imposizione di una forma di vita che si offriva come piacere e, tuttavia, spingeva verso la distruzione di ciò che nell’uomo sono le sue qualità migliori”.

Peccati di cui il pontefice ha offerto l’elenco con parole di san Paolo: “fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere”. Infine, ha sottolineato l’importanza dei sacramenti, impartiti a fine messa a sei adulti, quattro donne e due uomini, provenienti da Somalia, Albania, Sudan, Russia e Giappone. Il Battesimo – ha detto – “non è solo un lavacro, ancor meno un’accoglienza un po’ complicata in una nuova associazione. E’ morte e risurrezione, rinascita alla nuova vita”. Insomma, una cosa seria, “erba medicinale – ha concluso il Papa – contro la morte”.