Libia, scatta la “missione Italia”: campo profughi e aiuti agli egiziani in fuga dal paese

Pubblicato il 3 Marzo 2011 - 08:31 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Riportare a casa, con navi e aerei militari, le migliaia di cittadini egiziani fuggiti dalla Libia e realizzare un campo profughi al confine con la Tunisia, per aiutare le autorità a gestire l’ondata di profughi che si sta riversando su Ras Jedir: ha ormai una forma il piano umanitario italiano annunciato dal governo per far fronte alla crisi libica che tra oggi e domani diverrà operativo, dopo il via libera del Consiglio dei ministri di questa mattina.

Il “campo Italia” sarà un campo di transito per ospitare tra le 50.000 e le 70.000 persone, organizzato da Elisabetta Belloni, capo della Cooperazione della Farnesina che è stata responsabile dell’Unità di Crisi al tempo delle guerre in Iraq e in Afghanistan e ha gestito l’emergenza durante lo tsunami.

Saranno l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu e l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ad occuparsi delle procedure per l’identificazione e lo smistamento delle persone. Al momento è stato escluso l’impiego dei soldati, ma non è escluso che la scelta posa essere modificata in seguito per motivi di sicurezza.

Il modello è quello dell’Albania, ma con una differenza fondamentale: il campo non potrà diventare una sistemazione definitiva per i migranti, ma dovrà restare solo un luogo di transito nell’attesa di tornare alle proprie terre d’origine.

C’è poi l’intervento con le navi della Marina Militare – le stesse utilizzate per riportare a casa dalla Libia gli italiani – e gli aerei dell’Aeronautica che dovranno trasportare dalla Tunisia all’Egitto le migliaia di lavoratori egiziani fuggiti dal regime di Gheddafi.

”Le navi sono pronte a partire – conferma Frattini – l’Egitto ha chiesto all’Italia, con una nota scritta, di riportare sani e salvi in patria i propri cittadini” che rappresentano il 70% dei quasi ottantamila profughi ammassati a Ras Jedir. Quelli che saranno rimpatriati via nave sbarcheranno ad Alessandria, mentre i C130 atterreranno all’aeroporto del Cairo.

Frattini ha poi annunciato, ”non appena ci saranno le condizioni di sicurezza”, anche una missione a Bengasi, epicentro della rivolta. Partirà una nave dalla Sicilia con tonnellate di aiuti perché, ha sottolineato il ministro, Bengasi ”è una città che sta soffrendo e pensiamo che occorrano derrate alimentari, elettricitaàe equipaggiamenti medici”.

Una missione di ”ampia portata”, dice il ministro degli Esteri Franco Frattini, ”che spero possa fare da apripista agli altri paesi europei” perché ”l’obiettivo” comune è quello di ”portare aiuto umanitario a decine di migliaia di persone che stanno soffrendo enormemente”.

Parole che raccolgono il plauso di Bruxelles, dove la commissaria agli aiuti Kristalina Georgieva accoglie ”molto favorevolmente” l’iniziativa, perché ”sarebbe sbagliato dare l’impressione che si voglia difendere solo casa propria”, e del capo dello Stato italiano.

L’intervento dimostra che “gli italiani, ha detto Giorgio Napolitano, non hanno un atteggiamento solo difensivo rispetto all’incognita di un grosso flusso migratorio” ma sono pronti a farsi ”carico anche delle esigenze di carattere umanitario”.

Il piano è stato messo a punto in una serie di riunioni tecniche alla Farnesina e in un incontro tra lo stesso Frattini e il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che assicura: ”Ci sono già a disposizione cinque milioni per la missione e anche le regioni sono pronte a partecipare dal punto di vista degli aiuti finanziari’.

Sempre domani partirà per la Tunisia un team di funzionari della Farnesina e del Dipartimento della Protezione Civile: avranno il compito di mettere a punto con le autorità di Tunisi tempi e modalità dell’intervento. In stand by, ma pronta a partire, c’è anche una task-force sanitaria, per valutare le necessità da questo punto di vista.

L’Italia dunque si muove, in stretto contatto con i partner dell’Ue, per evitare che una situazione già difficile possa diventare esplosiva: le agenzie umanitarie parlano di centomila persone già oltre la frontiera tunisina e in Libia una folla che si estende ”per chilometri e chilometri” e che attende di varcarla. Numeri che Tunisi ”non è in grado di reggere”, dice Frattini.

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