“Separò religione e politica”: il Papa e il ricordo su Gesù

CITTA’ DEL VATICANO – Con il suo annuncio ”Gesù ha realizzato un distacco della dimensione religiosa da quella politica”, un distacco ”che ha cambiato il mondo”. Allo stesso tempo egli non va dipinto come un rivoluzionario, come fece negli anni sessanta ”un’onda di teologie politiche e della rivoluzione”: e questo perchè la violenza ”non instaura il regno di Dio”, ma, ”al contrario”, e’ lo ”strumento preferito dell’anticristo”. Nel secondo volume del suo ‘Gesù di Nazaret, riscrivendo gli eventi della Settimana Santa Benedetto XVI affronta temi cruciali della fede cristiana e non manca di gettare lo sguardo su questioni legate all’attualità più stringente.

La Passione, morte e risurrezione di Gesù sono per il Papa lo spunto per una riflessione ad ampio raggio – a quattro anni dall’uscita del primo volume – punteggiata da citazioni di filosofi da Platone a Marx, di padri della Chiesa, esegeti, teologi anche protestanti. Nel suo intento di ”trovare il Gesù reale, a partire dal quale, soltanto, diventa possibile qualcosa come una cristologia dal basso”, Ratzinger sottolinea che il Gesu’ che risorge ”non è un cadavere rianimato”, nè ”va da qualche parte su un astro lontano”.

La risurrezione, questa ”nuova possibilità di essere uomo”, ”interessa tutti e apre un futuro, un nuovo genere di futuro per gli uomini”, mentre la presenza di Gesù continua nel mondo. ”Anche oggi la barca della Chiesa, col vento contrario della storia, naviga attraverso l’oceano agitato del tempo. Spesso si ha l’impressione che debba affondare. Ma il Signore e’ presente e viene nel momento opportuno”, è uno degli esempi tracciati da Ratzinger.

Non manca, da parte del Papa-teologo, l’invito a che, ”dopo secoli di contrapposizione”, la lettura ”cristiana” e quella ”giudaica” degli scritti biblici ”entrino in dialogo” tra loro, al fine di ”comprendere rettamente la volontà e la parola di Dio”. Sul fronte del rapporto con gli ebrei, oltre alla negazione esplicita dell’accusa di ‘deicidio’ che per duemila anni è stato motivo di divisione, Benedetto XVI fa un’ulteriore annotazione: ”Il processo della consacrazione, della ‘santificazione”’, scrive, comprende da una parte ”una segregazione” , cioe’ una separazione dal mondo e dall’altra ”una missione” per il mondo.

Due aspetti che ”formano un’unica realtà completa”. Questa ”connessione si rende molto evidente, se pensiamo alla vocazione particolare di Israele”. E ”questo è ciò che s’intende con la qualifica di Israele come popolo santo”.

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