ISTANBUL – Turchia, H&M, Next e altri marchi di moda hanno sfruttato profughi siriani, a volte minorenni, per farli lavorare in nero, con paghe da fame e spesso in condizioni a dir poco disagiate: è quanto rivela un rapporto della organizzazione non governativa britannica Business and Human Rights Resource Center (Bhrrc).
Secondo informazioni raccolte nei mesi scorsi, diversi stabilimenti in Turchia che riforniscono brand internazionali di abbigliamento hanno sfruttato il lavoro di rifugiati siriani, compresi bambini. Il Bhrrc ha chiesto quindi a 28 grandi aziende di indagare sulla presenza e il trattamento di profughi nelle loro fabbriche e di fornire dettagli sulle iniziative prese per fermare eventuali abusi.
Di queste, Next e H&M hanno ammesso di aver scoperto nel 2015 l’impiego di minori siriani in stabilimenti di loro fornitori, assicurando di aver subito preso le misure necessarie per contrastare il fenomeno e riportare i bambini a scuola, offrendo sostegno alle famiglie. Ma le aziende che hanno fornito “risposte complete” sono solo 10 e l’ong è convinta che il fenomeno sia in realtà ben più diffuso.
Altri marchi hanno dichiarato di aver scoperto la presenza di lavoratori siriani adulti.
“Dossier preoccupanti sottolineano paghe da fame, lavoro minorile e abusi sessuali su rifugiati siriani che lavorano senza permesso. C’è un rischio reale che questi abusi accadano negli stabilimenti turchi che lavorano per le catene di abbigliamento in Europa. Tra 250 e 400 mila profughi siriani lavorano illegalmente in Turchia, rendendoli vulnerabili allo sfruttamento”,
denuncia il Bhrrc.
Il rapporto arriva poche settimane dopo l’introduzione da parte di Ankara di una legislazione che permette ai siriani di richiedere il permesso di lavoro, finora negato. Una situazione che li esponeva di fatto allo sfruttamento nel mercato nero, con salari largamente inferiori a quelli minimi e nessuna possibilità di accedere ai servizi legati a un impiego regolare.
Con la nuova normativa, i siriani ospitati con uno status di protezione temporanea (oltre 2,5 milioni, compresi i minori) potranno richiedere un permesso di lavoro nella provincia di registrazione come rifugiato, purché siano in Turchia da almeno 6 mesi. Un’opportunità che Ankara ha deciso di introdurre dopo l’accordo con Bruxelles per cercare di ridurre i flussi migratori verso l’Europa.