SAN DIEGO – Omicidio tra i Navy Seals: un giovane marinaio di 22 anni, James Derek Lovelace, è morto durante una esercitazione. Ma non si tratta di semplice morte: sul decesso, infatti, la procura di San Diego, California, ha aperto una inchiesta.
Il rapporto dell’autopsia, infatti, rivela che il giovane marinaio non è morto per un incidente, ma perché “l’azione, o inazione, dell’istruttore e di altri individui coinvolti era eccessiva e ha contribuito direttamente alla morte”.
Un istruttore dei Navy Seals avrebbe, secondo l’accusa, ripetutamente tenuto la testa di Lovelace sotto l’acqua della piscina per cinque minuti, nonostante il ragazzo cercasse di tornare a galla perché gli mancava l’aria.
Lovelace era stato quindi trattato per asma e aveva avuto un allargamento abnorme al cuore, spiega il Los Angeles Times, e forse proprio quella anomalia ha concorso alla morte.
L’inchiesta è ancora in corso e non è chiaro quali capi d’accusa verranno formulati. “E’ importante capire che il termine omicidio si riferisce alla morte a causa di qualcuno, e un omicidio non è di per sé un reato”, è scritto in un comunicato rilasciato dai Navy. “Il rapporto dell’autopsia non dice che le indagini del Naval Criminal Investigative Service sulla morte di Lovelace sono finite, e la conclusione delle indagini non è in effetti ancora stata raggiunta”.
Il caso di Lovelace non è l’unico del genere tra i Navy Seals. Nel marzo del 1988, ricorda il Los Angeles Times, John Joseph Tomlinson, 22 anni, di Altoona, Pennsylvania, morì di ipotermia durante una nuotata di 5 miglia nell’oceano, anche in quel caso una esercitazione militare.
Nel luglio del 1998 Gordon Racine Jr., 25 anni, di Houston, Texas, morì durante un esercitazione in piscina al suo primo mese di addestramento. Nel marzo del 2001 John Anthony Skop Jr., 29 anni, di Buffalo, New York, morì durante un altro esercizio di nuoto. Nel febbraio del 2004 Rob Vetter, 30 anni, è morto al Coronado Hospital alcuni giorni dopo essere collassato mentre partecipava ad una gara di corsa.