ROMA – Nemmeno il tempo di asciugare una lacrimuccia per il sì di Kate, che è già ora di chinare religiosamente il capo davanti al corpo di un santo. L’ultimo week end di aprile 2011 rimarrà memorabile nella storia del pop universale. Consegnate agli archivi le nozze reali tra William e Kate, è pronta la staffetta mediatica con la beatificazione di Giovanni Paolo II. Londra cede volentieri il testimone a Roma: l’attenzione mondiale si sposterà rapidamente dalla foggia imprevedibile dei cappellini della Regina all’ostensione medievale del corpo di un uomo predestinato alla santità. Non sembri irriverente il confronto: trattasi di due eventi che catalizzano su di sé un’ondata di emotività incontenibile, mobilitano milioni di persone, colonizzano i palinsesti mediatici, invadono le città. Una piazza laica si specchia su una piazza religiosa, ma le carte di sacro e profano sono distribuite senza ordine né gerarchia. Il sentimento che lega i sudditi a Sua Maestà è un atto di fede, la speciale devozione nei confronti di Wojtyla è rivolta soprattutto all’uomo non al pontefice.
Venerdì 29 aprile, 2 miliardi di telespettatori si sono infilati virtualmente, ospiti attesissimi, nell’Abbazia di Westminster. Due milioni di fan si sono spalmati sulle strade di Londra: il 29 aprile scorso c’erano 600 mila di meno, tanto per dare un’idea. Ottomila i giornalisti accreditati, 56 le teste coronate, 1.900 gli invitati, 5.000 i poliziotti, 35 i cani capaci di fiutare esplosivi. Il matrimonio tra Carlo e Diana, ultima fantasmagorica rappresentazione della saga dei Windsor, risale a 30 anni fa, ma sembra di un’altra era geologica. Potenza di internet, ovviamente. E di un desiderio insopprimibile di partecipazione, inversamente proporzionale alla natura solipsistica dei nuovi media.
A Roma la gaudiosa macchina da guerra organizzativa ha già messo a soqquadro la città. Un milione di pellegrini è atteso nella Capitale: è presumibile che per lo meno un altro milione di residenti sarebbe disposto persino a passare il week end in campagna dalla suocera, pur di fuggire la pacifica orda. Un milione di bottiglie d’acqua da mezzo litro sono pronte ad essere distribuite. Circa tremila volontari, compresi gli operatori della protezione civile comunale, saranno impegnati da sabato fino al 2 maggio. A piazza Risorgimento sarà allestito un ospedale da campo; nell’area di San Pietro ci saranno dieci posti medici e 32 ambulanze. E ancora: otto maxi schermi a via della Conciliazione, a largo Giovanni XXII, al circo Massimo e nelle piazze Adriana, Esquilino, San Giovanni e San Paolo, più altri 35 punti di accoglienza. Il piano straordinario d’accoglienza per i pellegrini inizierà già all’aeroporto, alla stazione Termini e a Civitavecchia, dove i volontari distribuiscono kit turistici e religiosi.
The “royal wedding” ha moltiplicato all’infinito le possibilità offerte dal marketing dell’evento. Piatti, monete, teiere, sottobicchieri, tovagliolini, flutes per champagne, cuscini, figurine, ditali da cucito, penne, matite, cartoline…tutti effigiati col sorriso un po’ beota di William e quello smagliante di Kate, che occhieggiano felici persino sull’ultimo strappo di carta igienica. Nella città di San Pietro le cose non vanno poi così diversamente, anche se ufficialmente Mammona non è stata invitata alla celebrazione del beato. Basta un semplice dato: in un’unica operazione effettuata intorno a Piazza Vittorio, la Guardia di Finanza ha arrestato tre cinesi e sequestrato 3,5 milioni di portachiavi con il volto di Wojtyla. Oltre che illegali erano pericolosi. Ma nei dintorni di San Pietro, tra Piazza Risorgimento e Porta Cavalleggeri, i gadget del papa riempiono centinaia di bancarelle improvvisate: ancora orologi, penne, portachiavi, calendari, fazzoletti, statuine…
Qualche settimana fa si era fatta strada, specie sui giornali britannici, l’idea che la concomitanza degli eventi potesse penalizzare soprattutto il secondo. Staremo a vedere. Quello che è certo è che Wojtyla, come icona pop, non teme rivali. Un mito abilmente alimentato dall’intuizione vaticana di sfruttare il potere dei media, di spalancare le porte del Palazzo, di mostrare il corpo del Papa. Un mito che aveva bisogno del carisma di un uomo. Giovanni Paolo II aveva quel carisma, quel quid che sarebbe piaciuto a un produttore di Hollywood. La folla, la gente non ha mai smesso di amarlo: la beatificazione è avvenuta grazie alla spinta di milioni che lo volevano “santo subito”. Solo titolo (premio, gratifica, promozione?) all’altezza di un uomo impermeabile alle pallottole, che ha buttato giù il Muro di Berlino e fatto crollare l’Impero del Male, che ha dichiarato guerra all’agnosticismo, al conformismo, che ha sferzato i cattolici timorosi di definirsi tali ecc. ecc. Per lui era necessario che il sacro si profanizzasse, metamorfosi possibile unicamente attraverso l’esibizione pagana del corpo: quello aitante degli esordi, quello colpito in Piazza San Pietro da Ali Agca, quello prostrato dal Parkinson. Infine il cadavere nella teca, il corpo come reliquia. Wharol aveva ragione: il pop imita le icone.
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