
Cartello in ebraico in un negozio del centro di Milano: "Gli israeliani sionisti non sono benvenuti qui" (foto da Facebook) - Blitz quotidiano
Un episodio che sta generando forte indignazione ha avuto luogo nel centro di Milano, dove un cartello appeso alla porta di una merceria ha suscitato scalpore. Scritto in ebraico, il messaggio recita: “Gli israeliani sionisti non sono benvenuti qui”. Il contenuto è stato scoperto e denunciato pubblicamente da Roberto Della Rocca, membro della Camera di commercio israelo-italiana, che ha fotografato il cartello e lo ha condiviso sui propri canali social.
Accanto alla scritta controversa, campeggia un altro cartello, con le bandiere di Israele e Palestina affiancate da un messaggio più generico: “Stop War”, accompagnato dalla rappresentazione di due razzi che si fronteggiano, uno per ciascun simbolo nazionale. Un’immagine apparentemente neutrale, ma che – secondo Della Rocca – cela ben altro. “Finché c’è la scritta ‘Stop War’ con un razzo con la bandiera israeliana e un razzo in direzione opposta con la bandiera palestinese, ci sta, potrei metterlo anche io, anche se non si può fare un parallelismo perfetto in questo conflitto”, ha scritto su Facebook. “Ma, e c’è il ma…”, ha aggiunto.
La denuncia di Della Rocca e le implicazioni
Secondo Della Rocca, il titolare del negozio avrebbe volutamente scritto il cartello in ebraico per non attirare l’attenzione immediata dei passanti, prendendo esempio da un episodio recente avvenuto a Napoli. “Il padrone del negozio ha aggiunto un piccolo cartello stampato e, memore di quello che è successo a Napoli… ha voluto essere più scaltro e macchiavellico, per non dare nell’occhio. Il cartello è in ebraico: ‘israeliani sionisti non sono benvoluti qua’”.
Con tono indignato, Della Rocca si è chiesto pubblicamente perché una persona come lui dovrebbe sentirsi esclusa solo per la sua identità e ideologia: “Io sono israeliano, io sono sionista (movimento di autodeterminazione di un popolo oppresso, discriminato, odiato, deportato, sterminato, che si rifà, tra l’altro, a quello risorgimentale italiano), quindi non posso entrare? Perché? Cosa ho fatto? Faccio parte di questo governo? No. Ho ucciso bambini? No. Abito in una colonia? No. E allora?”.