Le spie russe di Putin sono all’opera in tutto il mondo contro l’Occidente: accesso alle reti informatiche, sabotaggi, spionaggio civile e militare, agitatori, campagne di disinformazione e sospetti omicidi.
È quanto emerge da una indagine condotta dal settimanale tedesco Spiegel che documenta una serie di casi che non riguardano soltanto la Germania ma anche altri paesi europei e gli Stati Uniti.
Caso eclatante quello avvenuto sul suolo italiano scoperto grazie all’inchiesta condotta da Repubblica con Bellingcat, Der Spiegel e The Insider. Una spia russa, Maria Adela K., il cui vero nome è Olga Kolobova, operativa da quasi dieci anni e infiltrata nella base Nato di Napoli, di professione imprenditrice di gioielli. Non si nascondeva. Anzi. Era conosciuta nel giro delle discoteche e delle feste private in case di stranieri della città partenopea, con due case affittate a Posillipo e la gestione di una boutique. Una vita di lusso ostentata che le aveva aperto anche le porte del circolo Lions Monte Nuovo a Lago Patria, frequentato da militari stranieri e dipendenti NATO e che oggi, dopo lo scandalo, è stato chiuso.
Più di recente, la guerra in Ucraina scoppiata con l’invasione Russa ha evidenziato nel corso dei mesi che non è solo guerra militare ma anche di intelligence e di tecnologie avanzate a confronto. L’espulsione di diplomatici russi da parte di vari paesi europei, la riduzione drastica di coloro che sono accreditati nelle ambasciate con apparenti ruoli ufficiali, la decisione per esempio degli USA di rendere pubbliche le informazioni avute dai loro servizi di intelligence, tutto dimostra come la tela spionistica sovietica si sia estesa con l’avvento di Putin.
Le spie russe, come Adela K., si chiamano “illegali” e sono uomini e donne che vivono in Occidente per anni, normalmente in modo poco appariscente e perfettamente integrati nel tessuto sociale che li ospita. Sono in grado di trasmettere informazioni di diverso livello con azioni capaci di destabilizzare le istituzioni e condizionare la politica, manipolando le elezioni e controllando canali come Telegram. Possono incidere pesantemente sull’economia di un paese, fomentando proteste con una disinformazione martellante, hackerando strutture sensibili, creando dunque un clima di tensione costante, di paure sociali, di insicurezza collettiva.
Putin, lui stesso un ex ufficiale del KGB, ha permesso ciò che pochi altri leader mondiali hanno fatto: dare un potere enorme ai suoi agenti segreti che lavorano per il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (FSB), il servizio di intelligence estera SWR e per il GRU militare – e stiamo parlando di decine di migliaia di persone –, per condurre con ogni mezzo una guerra ombra contro l’Occidente. Il conflitto in Ucraina ha portato alla luce ciò che è in corso da molto tempo, una guerra per il potere, per le materie prime e per il denaro.
Dalla Germania, la democrazia economicamente più potente d’Europa ed uno degli obiettivi primari di Mosca, arriva il richiamo per tutto l’Occidente di fronte ad una guerra di aggressione militare visibile della Russia contro l’Ucraina e alla guerra invisibile sovietica contro i paesi democratici occidentali. Dopo decenni di disattenzione verso politiche di intelligence, improvvisamente i Governi hanno capito di dover recuperare un notevole gap di contrasto alle politiche di infiltrazione sovietiche.
E il 24 febbraio, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, ci dimostra quanto effettivamente queste due guerre – quella visibile ed invisibile – siano connesse l’una all’altra. Un’ora prima dell’invasione, un attacco cyber colpisce KA-SAT, il satellite per telecomunicazioni geostazionario dell’azienda ViaSat che fornisce servizi a tutta l’Europa e ad alcune regioni del Medio Oriente. L’attacco colpisce varie infrastrutture di stati europei, autorità pubbliche, aziende ed utenti ma provoca anche diffuse interruzioni e disservizi nelle comunicazioni per l’esercito ucraino e la sua rete di comando e controllo, portando un enorme vantaggio militare e strategico alla Federazione russa.
Dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre c’era la convinzione che Occidente e Russia fossero unite dall’obiettivo comune della lotta contro il terrorismo islamista. Mentre i livelli di difesa di molti paesi si abbassavano e il controspionaggio veniva considerato un po’ obsoleto e un retaggio della Guerra Fredda, Putin rianimava le reti di spionaggio dormienti e non, cercando di infiltrare spie anche nelle più alte corti internazionali come dimostra il caso del giovane Victor Muller Ferreira.
Con accrediti di alto livello, come la lettera di raccomandazione dal suo professore presso la prestigiosa Johns Hopkins University, il giovane viene accettato per uno stage presso la Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aia con l’intenzione di recarsi successivamente in Olanda.
Il servizio di intelligence olandese, AIVD, scopre però che Muller Ferreira è in realtà Sergey Cherkasov, spia russa destinata all’Alta Corte, incaricata di perseguire crimini di guerra contro l’umanità, proprio mentre vengono alla luce le atrocità commesse dall’esercito russo – massacri, stupri e torture – denunciati da siti ucraini, a Bucha sobborgo di Kiev. Il suo compito, manipolare le prove ed informare i russi sulle fasi dell’indagine. Quando Cherkasov ha cercato di entrare nei Paesi Bassi, funzionari olandesi lo hanno prelevato e immediatamente estradato in Brasile.
Oltre ai cosiddetti “illegali”, ci sono migliaia di persone che lavorano apparentemente in maniera legale presso ambasciate e consolati russi all’estero e ovviamente più difficili da perseguire.
Esiste poi una Unità nota con il numero 29155 e fondata nel 2009 ovvero la squadra assassina di Putin. Sono venti ex soldati sotto la guida di un generale di divisione altamente decorato ritenuti responsabili di attacchi con esplosivi ed omicidi e di scatenare disordini e paura in Occidente. L’elenco delle loro presumibili vittime si allunga giorno dopo giorno, tutte liquidate con armi da fuoco o con l’agente nervino Novichok. Tra queste, il trafficante d’armi bulgaro Emilian Gebrev, che fornisce armi ai nemici della Russia, inclusa l’Ucraina, e che nel 2015, dopo una cena, cade in coma e sopravvive miracolosamente all’avvelenamento. E, tre anni dopo, l’ex spia russa Sergei Skripal e la figlia, avvelenati nella città britannica di Salisbury. Le indagini delle autorità rivelano che i membri della GRU, tutti membri anche dell’Unità 29155, si trovavano nelle prossimità di entrambe le scene del crimine.
Anche la FSB, attiva dentro e fuori al territorio russo, ha una propria unità destinata ad operazioni delittuose. La sua vittima più importante è stata un oppositore politico di Putin, Alexei Navalny, avvelenato con l’agente nervino Novichok secondo il rapporto condotto da DER SPIEGEL, Bellingcat e The Insider. Navalny, che è voluto ritornare in Russia dopo l’attentato, è stato arrestato ed è tutt’ora rinchiuso in un carcere duro.
La FSB comprende anche forze speciali militari, come l’unità Vympel o Dipartimento V, incaricate di sabotare le infrastrutture critiche del mondo occidentale attraverso l’hacking ed infiltrazioni destinate a rubare dati, analizzarli e divulgarli se ritenuto utile. Come era avvenuto con la pubblicazione delle email rubate ai Democratici di Hillary Clinton nel 2016. Anche la distruzione ed il sabotaggio della rete elettrica ucraina del 2015 sembra riconducibile all’FSB.
Altri gruppi di hacker, come il più importante che si chiama Ghostwriter e che i funzionari tedeschi riconducono al GRU, sono incaricati di lanciare campagne diffamatorie, diffondere notizie false e più genericamente disinformazione.
In Europa, la Germania, dopo la riunificazione, ha investito molto poco nel controspionaggio e questo la rende una candidata ideale per le infiltrazioni russe, come afferma Konstantin von Notz, parlamentare del Partito dei Verdi e capo dell’organo che esercita il controllo parlamentare sulle agenzie di intelligence tedesche. Anche i continui hackeraggi al quartier generale del Partito Verde a maggio e giugno, che sembrano essere collegate alla Russia, hanno alzato l’asticella dell’attenzione su scenari considerati inimmaginabili sino a qualche mese fa. L’apparato di sicurezza tedesco è in allerta per un possibile aumento di spionaggio su obiettivi statali e parlamentari tra cui Cancelleria e ministeri chiave come i portafogli esteri, interni, della difesa ed dell’economia.