Precari e contratto unico: art. 18 sospeso nei primi tre anni di prova.

Pubblicato il 30 Dicembre 2011 - 10:06 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Contratti, precarietà, ammortizzatori sociali: sono i nodi da sciogliere per una riforma del mercato del lavoro che, anche con la mediazione delle parti sociali, dovrà essere rapida, forse a febbraio, con il termine massimo fissato in aprile, quando a Bruxelles sarà obbligatorio presentare il Piano nazionale di riforme. Stando ben attenti ad evitare le trappole di uno scontro paralizzante sull’articolo 18.

Argomento che Mario Monti, durante la conferenza stampa di fine anno, ha accuratamente evitato. Ma Elsa Fornero sta valutando proposte e suggerimenti, prima di trovare la sintesi. A partire dalla consapevolezza che in Italia il tasso di occupazione è troppo basso, il 56,9% contro una media Ue del 64,1%. L’abolizione delle pensioni di anzianità e l’innalzamento dell’età pensionabile vanno già in questa direzione.

Contratto unico o prevalente. Il dato di partenza è che ci sono troppi contratti. Due assunzioni su tre tra i giovani under 30 vengono formalizzate con contratti atipici, dei quali si contano almeno 34 specie diverse. Sono un problema, non solo per l’incertezza oggettiva del percorso professionale: generano contenziosi infiniti, non stabilizzano i rapporti di lavoro, alla lunga sono negativi per la produttività. Il ministro Fornero è persuaso che un nuovo sistema di tutele sia la chiave giusta per favorire e incentivare l’utilizzo di contratti a tempo indeterminato.

Non lasciando solo chi resta senza lavoro, diciamo in mobilità, si prende in considerazione un modello contrattuale di ingresso nel mondo del lavoro a tempo indeterminato (il Corriere della Sera lo chiama “unico”, il Sole 24 Ore “prevalente”) che estenderebbe il periodo di prova, attualmente di tre mesi, a due/tre anni. In questo periodo l’articolo 18 (che vieta i licenziamenti senza giusta causa e garantisce il reintegro coatto del lavoratore) varrebbe solo per i licenziamenti discriminatori (razza, religione, genere).

Ammortizzatori sociali. E’ chiaro che la vigente normativa sugli ammortizzatori sociali andrebbe completamente rivista. Il sostegno a chi resta senza lavoro costa e il modo con cui sarà finanziato non è neutrale. Se da una parte i sindacati temono che tutto alla fine si risolva con un attacco e uno svuotamento dell’articolo 18, dall’altra le imprese temono che partecipare al sostegno del reddito alla fine si traduca soltanto in un aggravio dei costi. Stessa preoccupazione se passa l’idea di far pagare di più i lavori precari.

Il ministro Fornero ha fatto presente che, essendo pensioni e mercato del lavoro strettamente legati, il risparmio di una ventina di miliardi dal capitolo previdenziale, potrebbe essere destinato proprio per finanziare questo modello ispirato alla flexsecurity scandinava. Pensando anche a qualche forma di reddito minimo garantito. L’ipotesi del periodo di prova è stata formulata anche dal Pd, dall’ex ministro del Lavoro Damiano. Tre anni di prova in cui si può licenziare. Un po’ come con la patrimoniale, parola tabù per il Pdl, la sospensione temporanea dell’articolo 18 si fa, ma non si dice.

Precarietà e posto fisso. In ogni caso il professor Monti ha voluto ribadire a scanso di equivoci due concetti importanti. Primo: le tutele non servono solo per l’assistenza ma devono essere impiegate per nuove allocazioni nel mondo del lavoro. Secondo: il mito del posto fisso è superato, la precarietà va circoscritta ma “nel mondo di oggi e di domani un lavoro stabile e a lungo termine facendo lo stesso mestiere nella stessa azienda sarà sempre più raro”.