Un rischio per l’Italia: le nostre aziende valgono molto ma costano poco

Il Palazzo Mezzanotte, sede di Piazza Affari

ROMA – Società a prezzi stracciati: sono quelle italiane, scrive Marco Panara su Repubblica Affari e Finanza. Aziende che “valgono molto e costano poco”. Dall’Eni ad Unicredit, da Generali a Fiat, fino a Telecom e Italcementi: sono solo alcune delle imprese italiane che rischiano di essere comprate da acquirenti stranieri a prezzi di saldo. E che potrebbero fare la fine di Bulgari, Edison e Parmalat.

I settori interessati sono quello bancario in primis, e poi quello petrolifero, quello energetico, quello assicurativo, e auto, telecomunicazioni, pneumatici e cemento. I nomi citati da Repubblica sono quelli delle più note imprese italiane: Eni, Enel, Unicredit, Intesa SanPaolo, Generali, Fiat, Telecom Italia, Pirelli, Italcementi.

Il Ftse Mib, l’indice principale della Borsa italiana., che racchiude le azioni delle 40 maggiori società italiane ed estere quotate sui mercati gestiti da Borsa Italiana, è oggi a quota 18mila 500 euro. Solo quattro anni fa il suo valore era di 42mila euro, oltre il doppio. E solo all’inizio di febbraio sfiorava quota 22mila 800 euro, il 20% più di oggi.

Se poi si confronta piazza Affari con la situazione delle altre Borse si scopre che il Cac 40 di Parigi da luglio ha perso il 35% e da febbraio meno del 10%. Il Ftse 100 di Londra ha perso rispettivamente il 10% e meno del 5%. Il Dax di Francoforte è rimasto praticamente invariato, passando da 7mila e 300 a 7mila e 200.

Se non bastassero i dati sui panieri nazionali, nello specifico si può notare che Unicredit e Intesa SanPaolo valgono in Borsa rispettivamente 24 e 26 miliardi di euro, a fronte di un patrimonio netto (al 2010) di 64 miliardi e 53 miliardi.

Passando alle telecomunicazione Telecom Italia ha una capitalizzazione in Borsa di 16 miliardi di euro, a fronte di un patrimonio netto di oltre 28 miliardi. Italcementi a piazza Affari vale 1.3 miliardi di euro, mentre il suo patrimonio è di 3 miliardi e mezzo.

Se Pirelli sembra passarsela un po’ meglio per quanto riguarda la propria capitalizzazione, attestata a 3.6 miliardi nonostante un patrimonio di meno di 2 miliardi, l’omologa francese Michelin ha un patrimonio di 8.1 miliardi e una capitalizzazione di 11.6 miliardi.

Situazione simile per Telecom Italia: la spagnola Telefonica ha patrimonio e capitalizzazione rispettivamente di 24 e 72 miliardi, con un rapporto tra il prezzo, France Telecom 29 e 36 miliardi,  Deutsche Telekom 38 e 44 miliardi. Italcementi ha un patrimonio di 3 miliardi e mezzo e ne capitalizza in borsa solo 1,3. Un colosso con cui si deve confrontare come Holcim ha un patrimonio di 14 miliardie ne capitalizza 16, Crh ha 10 miliardi di patrimonio e ne capitalizza altrettanti.

In caso cordate stranieri decidessero di puntare alle imprese italiane, chi potrebbe salvarle? Le cordate nostrane fino ad oggi non hanno dato prova di saper fermare assalti stranieri. Parmalat e Bulgari lo dimostrano. Il rischio di un paese in saldo c’è.

 

 

 

 

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