Cina import-export, prima al mondo: produttività. Germania ok. Italia rimorchio

Pubblicato il 9 Febbraio 2013 - 11:48 OLTRE 6 MESI FA
fabbrica cinese

Operai al lavoro in Cina

Mentre a Bruxelles litigano, la Cina accelera grazie al commercio estero, dove ha superato gli Stati Uniti , strappando loro la posizione di primato nel mondo.

Secondo l’agenzia di stampa Ansa,

“la Cina nel 2012 ha strappato agli Usa la leadership degli scambi commerciali mondiali. L’anno scorso l’import-export degli States è stato di 3.820 miliardi di dollari, secondo il Dipartimento del commercio. Le importazioni e le esportazioni della Cina, per la dogana cinese, sono state di 3.870 miliardi di dollari. Pechino ha segnato un avanzo commerciale di 231,1 miliardi di dollari, Washington un deficit di 727,9 miliardi. Era dal 1945 che gli Usa dominavano il commercio mondiale”.

L’attività commerciale cinese è cresciuta ulteriormente, a doppia cifra, in gennaio per import ed export. La notizia è data con rilievo in prima pagina dal Sole 24 Ore ed è molto interessante perché, oltre alla Cina, anche la Germania figura in testa alla hit parade del commercio estero.

Riferisce Francesco Sisci:

“Germania e Cina si confermano campioni mondiali del commercio estero. Pechino ha registrato in gennaio aumenti a doppia cifra sia per l’import sia per l’export. Le importazioni sono cresciute più delle esportazioni, a conferma di quanto le autorità cinesi stiano puntando sulla domanda interna. Berlino, nonostante un anno di crisi, ha messo a segno nel 2012 un surplus commerciale record, a 188 miliardi di euro, il secondo miglior risultato dagli anni 50. Il sistema produttivo mantiene un buon livello di competitività anche agli attuali livelli di cambio dell’euro”.

La notizia, almeno a breve termine, è buona anche per l’ Italia, che dipende, come un gattino affamato, da come va l’ economia globale. Quindi è importante che la Cina sia “riuscita ad aggirare la boa della crisi anche se problemi importanti rimangono a livello locale”, perché da qualche parte nel mondo le cose si dovevano rimettere in moto, e se Cina e Usa ripartono, qualche briciola o briciolona arriverà anche a noi.

Noi però siamo al traino degli altri, perché la produttività in Italia e tra Governo del fare (Berlusconi) e delle riforme (Monti, Fonero) abbiamo solo fatto passi indietro.

Scrive il Sole 24 Ore:

“I dati del commercio di gennaio dicono che le esportazioni sono aumentate del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso per un totale di oltre 187 miliardi di dollari americani. Le importazioni sono cresciute di più, del 28,8%, per 158,22 miliardi di dollari. Il surplus è stato quindi di 29,15 miliardi, il 7,7% di crescita.

Con un’inflazione tornata pienamente sotto controllo, a gennaio era del 2%, l’economia nazionale pare oggi dare segni di piena solidità mentre sono scomparsi i segni precedenti di una bolla finanziaria, evidenti per un indice dei prezzi al consumo ufficialmente oltre il 5% e realisticamente più alta.

Il continuo aumento del surplus commerciale dice anche che il motore della crescita economica continuano a essere le esportazioni e i consumi interni, che pure avanzando, non sono tali da rimpiazzare il commercio estero.

“Iconsumi di beni di lusso sono aumentati moltissimo, e così le importazioni in questo settore, e oggi la Cina è praticamente già il primo mercato dei beni di lusso in molte categorie. I consumi di livello medio e basso invece stentano proprio per la scarsa capacità di acquisto del ceto medio e basso, che continua a essere quello della maggioranza della popolazione.

“Contemporaneamente però è anche migliorata la qualità della produzione cinese. Oggi i beni cinesi hanno un rapporto ottimale tra qualità e prezzo”.

“Sul fronte interno l’aumento dei costi del lavoro a tutto campo e l’apprezzamento dello yuan renminbi tolgono concorrenzialità alle merci cinesi e quindi dovrebbero diminuire il surplus. In realtà l’esperienza di paesi come il Giappone o la Sud Corea dimostrano che questo potrebbe non essere il caso. Qui l’aumento costante della produttività e il miglioramento della qualità dei prodotti ha continuato a fornire un vantaggio competitivo ai beni di questi paesi, nonostante che il costo del lavoro giapponese sia per esempio superiore a quello di molti paesi occidentali”.