La Confindustria di Squinzi: colossi pubblici e sud. Mediaset, non Fiat

Pubblicato il 23 Marzo 2012 - 14:54 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Vince Squinzi per un’incollatura, Bombassei sconfitto sul filo di lana: l’obbligatorio ricorso all’immagine dell’arrivo in volata, in omaggio al proprietario della Mapei, non attenua il responso di una Confindustria spaccata in due. Il successore di Emma Marcegaglia si è affrettato a dare la disponibilità per un lavoro comune che recuperi la fazione sconfitta (qualcuna delle sette vicepresidenze gli spetterà). I giornali avevano già raccontato i due gruppi belligeranti per il controllo di Confindustria. Il falco Bombassei cercava la discontinuità, teneva insieme il nord, avrebbe attaccato a testa bassa sull’articolo 18, si era guadagnato il sostegno di Marchionne alla causa. La colomba Squinzi raccoglie l’adesione delle grandi imprese pubbliche (Eni, Enel, Ferrovie ecc.), il sud e Mediaset (Confalonieri ne è entusiasta), un profilo decisamente più “politico” con tutte le connotazioni che a scelta se ne possono ricavare.

Oscar Giannino sul Messaggero invita a non farsi troppo convincere da queste definizioni, sono “una bufala” dice. Squinzi è proprietario della Mapei, nel settore chimico le relazioni con i sindacati sono meno tese, su contratti, turni, orari, per evitare la chiusura di stabilimenti italiani con Cgil si ragiona. Ma anche sui salari di produttività all’inizio del 2009, come sulle intese industriali del 2011 i due contendenti la pensavano allo stesso modo, senza inventarsi clamorose uscite tipo l’Aventino di Marchionne imposto alla Fiat uscita da Federmeccanica. Semmai, oltre ricomporre la frattura interna, in un momento di grandi divisioni nella politica, nel lavoro ecc, Squinzi dovrà aiutare il nord a far perdere quell’aria di malcelato sussiego nei confronti delle imprese del sud, viste ancora come troppo impelagate a cercare la sponda politica invece che lavorare su prodotto e innovazione.

E sul governo? Ora che Monti ha infranto il tabù dell’articolo 18 per Confindustria la sfida è convincerlo a sfoltire il bosco della spesa pubblica per un abbassamento significativo delle imposte. Per Mario Deaglio della Stampa,  in una prospettiva di più lungo respiro, la sfida vera, più che un posizionamento contingente, serve ripensare un progetto, immaginare una “città futura” che convinca Confindustria ad aumentare le dimensioni delle imprese, a navigare nel mare aperto dei mercati, ad abbandonare la logica ristretta della proprietà familiare. Il rischio è andare in serie B e restarci per sempre.