Le donne imprenditrici italiane colpite ma non affondate dall’anno della pandemia. Lo dice uno studio della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA)
Per la Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA) le imprenditrici sono state colpite ma non affondate.
E’ quanto emerge da una indagine del centro studi CNA in collaborazione con Cna Impresa Donna in occasione della Giornata internazionale della Donna che si celebra l’8 marzo.
Il risultato dell’indagine – condotto su un campione rappresentativo di iscritte alla Confederazione- mostra la resilienza femminile e la capacità di reinventarsi e di resistere delle donne.
Più di una imprenditrice o lavoratrice autonoma su due – dice lo studio- non si è fatta travolgere, nemmeno psicologicamente, dall’annus horribilis 2020.
Impegno proattivo delle imprenditrici
Addirittura quasi il 40% di questa platea in rosa- continua lo studio- l’anno scorso si è impegnato in maniera proattiva, a esempio riorganizzando la propria attività, o ha continuato a lavorare registrando a fine anno risultati economici positivi.
Viceversa, il 47% circa assicura che, se l’emergenza non sarà superata in breve tempo, potrebbe ridimensionare fortemente la propria attività (39,1%) o addirittura chiudere i battenti (8,3%).
Dati, ovviamente, che riguardano le titolari di attività rimaste aperte, al netto insomma delle realtà già cessate.
Il 2020 un anno duro per le donne lavoratrici
Il 2020 -prosegue nel dire lo studio- è stato un anno particolarmente duro per le donne lavoratrici, sia autonome sia dipendenti. La crisi, infatti, ha picchiato in particolare le attività dove sono presenti in maggior misura le donne.
Il 70% dei posti persi nel 2020 era occupato da donne
Degli oltre 440mila posti di lavoro persi l’anno scorso in Italia, rileva l’Istat, il 70% circa era occupato da donne e questo in un Paese che ha il più basso tasso di occupazione femminile, Grecia esclusa. L’asimmetria dell’impatto della crisi sul mercato del lavoro italiano discende dal fatto che i settori maggiormente bersagliati dalla crisi sono quelli che rientrano in filiere (moda, turismo, attività culturali, servizi alla persona) dove maggiore è la presenza femminile in termini di occupazione. E dove è anche maggiore la presenza femminile nell’imprenditoria e nel lavoro autonomo.
Se la media dell’occupazione indipendente femminile tra industria e servizi è pari al 31,2%, nelle “altre attività di persone” (in cui rientrano i servizi alla persona) tocca il 57,9%, nell’abbigliamento il 52,8%, nella sanità e l’assistenza
sociale il 46,5%, nell’istruzione il 42,3%, nell’alloggio e ristorazione
il 41,8%, nel tessile il 41%.
L’ occupazione indipendente femminile è stata ridotta dall’anno della pandemia
Rileva ancora lo studio della CNA che anche l’occupazione indipendente femminile è uscita ridotta dall’annus horribilis; e questo nonostante abbia risposto molto meglio della componente maschile alla crisi globale scoppiata nel 2008 e alla crisi della finanza pubblica del 2011, dalle quali l’Italia non si era ancora ripresa prima che arrivasse la pandemia.
Tra il 2009 e il 2019, infatti, il numero di donne che lavorano come indipendenti era rimasto quasi costante, accusando un calo dello 0,4% a fronte del -8,8% maschile. Nei primi nove mesi del 2020 queste tendenze si sono però invertite: a fronte del -3,9% femminile, la componente maschile del lavoro autonomo si è fermata al -2,2%.
I sindacati chiedono ai comuni un patto per le politiche genere
La voce dei sindacati si è fatta sentire anche in questa giornata per inviare una proposta di politiche di genere agli 82 Comuni della provincia di Palermo
Cgil, Cisl e Uil Palermo hanno scelto l’8 marzo, Giornata internazionale della Donna, per inviare il documento che intende “promuovere, valorizzare e sostenere le donne nella società e nel mercato del lavoro ma anche per contrastare ogni forma di violenza e pregiudizi”.
La donna ancora oggi è l’anello debole della società
“La donna è ancora oggi l’anello debole della società- affermano le organizzazioni sindacali- come dimostrano i dati nazionali Istat dai quali si evince che nel solo mese di dicembre dello scorso anno 99 mila donne, su 101 mila lavoratori, si sono ritrovate senza occupazione “.
“Altro punto centrale è il contrasto al “gender gap”, le cosiddette differenze salariali. “Con il patto – concludono i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Palermo- intendiamo promuovere una strategia di responsabilità sociale con riferimento alle politiche di pari opportunità di genere attraverso una collaborazione tra i sottoscrittori.
Per i sindacati le Istituzioni e le organizzazioni devono guardare a lavoro e famiglia come a due obiettivi prioritari e intrecciati.