Crisi Europa, il credito si rinazionalizza, arresto cardiaco dell’euro

Pubblicato il 14 Giugno 2012 - 12:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – A dispetto dei sogni di integrazione europea, gli stati si rinchiudono sempre di più nel fortino dei propri confini nazionali: basta osservare la circolazione dei capitali nella zona euro, con imprese, banche e investitori istituzionali che piano piano ma irreversibilmente da almeno 4 anni riportano i soldi in patria. Succede alla Germania come all’Italia, all’Olanda come alla Spagna, solo che nel sud periferico e gravato dalla crisi dei debiti sovrani, il fenomeno produce ancora più danni, con il restringimento della produzione, delle merci scambiate, dei prestiti e delle movimentazioni bancarie.

Un fenomeno ben conosciuto dalla teoria economica, definito “sudden stop”, arresto improvviso della circolazione monetaria.

Federico Fubini sul Corriere della Sera ne descrive con chiarezza le implicazioni con l’esempio del corpo umano al posto dell’Europa: “un infarto che impedisce al sangue di raggiungere le membra e alcuni degli organi vitali”, dove membra e organi sostituiscono metaforicamente i singoli stati. La rinazionalizzazione del credito procede di pari passo con la fuga dei capitali privati dagli stati a rischio verso quelli considerati sicuri, come la Grecia del mezzo miliardo al giorno che espatria.

Due correnti, insiste Fubini, che minacciano la sopravvivenza dell’euro. E con la moneta unica si sfalderebbe anche la piattaforma comune che sorregge un ‘economia continentale che unita, integrata e interdipendente varrebbe più del più forte soggetto economico al mondo, quegli Stati Uniti che al confronto vantano un mercato con meno abitanti (350 milioni contro 500) e un debito statale molto più alto della media dei debiti nazionali europei. Che in caso di maggiore unità di bilancio e fiscalità ridurrebbe ancor di più i rischi di alcuni debiti sovrani in sofferenza.

Qualche dato statistico illustra meglio il “sudden stop”. Se giusto poco prima della crisi Lehman Brothers banche francesi e tedesche erano esposte sull’Italia per rispettivamente 531 e 269 miliardi di dollari, alla fine del 2011 le banche francesi avevano ridotto i loro investimenti sull’Italia del 37%, cioè di duecento miliardi di dollari, 84 miliardi solo negli ultimi sei mesi del 2011. L’arresto tedesco ammonta al 50%.

In tre anni (ultimo aggiornamento nel 2011) da Germania e Francia su Italia e Spagna, “si è consumato un rimpatrio di capitali sulla scala colossale di 600 miliardi di dollari” (Fubini).

La crisi del debito nasce da questa interruzione dei movimenti di capitali. Che riflette una regola generale in termini economici per cui si instaura un circolo vizioso tra diminuzione della produzione di merci e svalutazione della moneta. Meno produci più è difficile rifondare i debiti contratti con le banche. Le quali, a loro volta, presteranno con più cautela e meno generosità, peggiorando la recessione economica.