Facebook, Zuckerberg dona azioni: generoso o elude tasse?

di redazione Blitz
Pubblicato il 7 Dicembre 2015 - 12:45 OLTRE 6 MESI FA
Facebook, Zuckerberg dona azioni: generoso o elude tasse?

Mark Zuckerberg, la moglie Priscilla Chan e la loro figlia Max

SAN FRANCISCO – Il fondatore e amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, annuncia di voler donare il 99% delle proprie azioni in beneficenza. Atto filantropico o accorta operazione di marketing e, soprattutto, di elusione fiscale?

Come fa notare il Secolo XIX, infatti, la fondazione a cui verrà destinato il 99% delle azioni di Zuckerberg in Facebook (lasciando al suo fondatore comunque un patrimonio che, solo per quell’1%, si aggira intorno ai 450 milioni di dollari) è la “Chan-Zuckerberg Initiative”, che non è una fondazione classica, ma una Limited Liability Company (Llc), una sorta di società privata che può finanziare attività no profit, ma anche profit e che nel proprio statuto dichiara di mirare anche all’acquisizione di spazi per interventi di carattere politico.

Questa società, inoltre, ha sede in Delaware, piccolo Stato americano considerato una sorta di paradiso fiscale, perché le società che qui risiedono pagano pochissime tasse. Il dubbio è stato presentato per la prima volta dal New York Times, che ha pubblicato un articolo dal titolo “Come l’altruismo di Mark Zuckerberg aiuta se stesso”.

Come funzionerà nel caso della donazione di Zuckerberg lo spiega il Sole 24 Ore in un articolo a firma Angelo Busani, che sottolinea come un’azione come quella del numero uno di Facebook sarebbe impossibile in Italia, per una legge che tutela la “legittima”. Ma vediamo di che cosa si tratta, con le parole di Busoni.

“Negli Usa si fa dunque a gara a chi dona di più: è la terra dove è possibile che ogni sogno si realizzi, e là è normale pensare che i figli non debbano partire “già arrivati” ma debbano conquistarsi il successo ad armi pari con gli altri coetanei; e che chi ha avuto fortuna lo deve anche alla collettività nella quale si sono determinate le condizioni idonee per accumularla. Per questo è normale che le imposte di successione siano elevatissime e che il sistema sospinga chi vuole effettuare donazioni.

In Italia, invece, la legge sancisce che se una persona fisica attribuisce l’intero proprio patrimonio (o una gran parte di esso) a una fondazione e poi muore lasciando coniuge e figli (o altri discendenti) costoro, per conseguire la “legittima”, hanno diritto alla riduzione degli apporti che il fondatore ha disposto a favore della fondazione. Le stesse conseguenze si hanno se un patrimonio è elargito mediante donazioni.

(…) quando muore il fondatore o il donante, per determinare l’ammontare della quota del suo patrimonio di cui egli poteva liberamente disporre (con attribuzioni gratuite) senza violare le quote di legittima: si deve calcolare il valore di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte; si deve sommare a tale valore quello dei beni di cui il fondatore abbia gratuitamente disposto durante la propria vita (ad esempio con donazioni oppure appunto apportandoli a una fondazione).

Sul risultato che si ottiene si calcola quindi la quota “disponibile” (e cioè la parte di patrimonio di cui il defunto poteva liberamente disporre) e la quota “riservata” (o “legittima”): vale a dire quella parte di patrimonio che il defunto necessariamente avrebbe dovuto destinare ai suoi stretti congiunti: un terzo al coniuge e un terzo all’unico figlio (residuando un terzo di “disponibile”) oppure, nel caso di due figli, un quarto a ciascuno di essi e un quarto al coniuge rimasto vedovo (residuando un quarto di “disponibile”).

(…) Come fare a emulare Mr. Facebook se si è persone fisiche soggette al diritto italiano (la legge italiana si applica a chi è domiciliato in Italia, a prescindere dalla sua cittadinanza, italiana o straniera)? A parte invocare un cambiamento della legislazione in materia, l’intento è abbastanza irrealizzabile (stante l’imperatività della normativa descritta), a meno di prendere spunto da quel che proprio Zuckerberg ha messo in opera, e cioè non disponendo il suo patrimonio a favore di una charity (vale a dire l’equivalente di una nostra fondazione, come, ad esempio, ha fatto Bill Gates istituendo la Bill & Melinda Gates Foundation) ma a favore di una Llc (limited liability company), e cioè di una “ordinaria” società commerciale (la quale, peraltro, negli Stati Uniti può anche non avere scopo di lucro), che, se volessimo tradurre il fenomeno in concetti di diritto italiano, si potrebbe rappresentare come una Srl i cui redditi siano però imputati direttamente ai soci (come nelle società di persone di diritto italiano).

Attribuire denaro in Italia a una società non costa nulla (si paga solo un’imposta di registro fissa di 250 euro) e le operazioni che questa società, forte dell’apporto patrimoniale ricevuto, ponga in essere a carattere filantropico, benefico, culturale eccetera, dovrebbero non essere contestabili dagli eredi di colui che ha conferito il danaro, una volta che questi sia deceduto. Si tratta comunque di uno scenario estremo, perché nel nostro ordinamento l’attività delle società (e dei loro amministratori) deve essere preordinata allo svolgimento di un’attività economica finalizzata alla produzione e alla distribuzione di utili. Il che evidentemente confligge in modo abbastanza inevitabile con lo scopo di beneficienza e con le erogazioni a fondo perduto (…)”.