
Nel 2023, secondo uno studio elaborato dalla CGIL sui dati dell’Osservatorio Inps, ben 10,9 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato, esclusi i domestici e gli operai agricoli, hanno percepito una retribuzione lorda annuale inferiore a 25mila euro. Questo rappresenta il 62,7% del totale. Di questi, più di 6,2 milioni, pari al 35,7%, hanno guadagnato meno di 15mila euro lordi in tutto l’anno. La retribuzione media per il settore privato si è attestata a 23.700 euro. Lo studio prende in considerazione tutti i lavoratori che abbiano svolto almeno una giornata di attività nell’anno, ovvero 17,4 milioni di persone, includendo quindi anche chi ha avuto occupazioni saltuarie o part-time.
Nel dettaglio, i lavoratori a tempo indeterminato, compresi quelli part-time, hanno guadagnato in media 28.540 euro lordi, mentre quelli con contratti a termine si sono fermati a 10.302 euro. Ancora più marcata la differenza tra i full-time, con una media di 29.508 euro, e i part-time, che non hanno superato gli 11.782 euro. Particolarmente penalizzati risultano i lavoratori che sommano contratto a termine e part-time, con una retribuzione media annua di soli 7.100 euro.
Lavoratori poveri e salario orario sotto soglia
La CGIL evidenzia come in Italia permanga un problema strutturale legato alla bassa retribuzione oraria. Circa 2,8 milioni di dipendenti privati si trovano nei primi due decili della distribuzione salariale, con una paga oraria inferiore a 9,5 euro. Escludendo circa 400mila lavoratori che nel mese considerato (ottobre 2023) erano assenti per eventi tutelati come maternità, malattia o cassa integrazione, restano comunque 2,4 milioni di dipendenti con retribuzioni orarie cronicamente basse.
Questi lavoratori appartengono in prevalenza a categorie fragili: apprendisti, contrattisti a termine, dipendenti di piccole imprese, stranieri e part-time. Il sindacato sottolinea come questi fattori, uniti alla discontinuità lavorativa, siano determinanti nel ridurre i salari. Tuttavia, il report registra anche un lieve miglioramento rispetto all’anno precedente: la percentuale dei lavoratori con redditi sotto i 25mila euro è calata dal 65% nel 2022 al 62,7% nel 2023. Un segnale positivo, ma ancora insufficiente a contrastare il fenomeno dei “working poor”.