ROMA – L’inizio del 2011 è stato duro per l’industria italiana, che a gennaio, a sorpresa, ha segnato un calo dell’1,5% rispetto a dicembre. Il passo indietro rilevato dall’Istat, dopo due aumenti consecutivi, contrasta con i miglioramenti registrati in Paesi come Germania e Francia.
Per Confindustria stanno entrando in gioco nuovi fattori di rischio, tra tutti a suscitare più allarme è ”lo shock rappresentato dal rincaro delle materie prime ed in particolare del petrolio”, che potrebbe mettere un freno alla ripresa.
Il Centro Studi di Viale dell’Astronomia (Csc), infatti, pur stimando un balzo della produzione a febbraio, parla di una crescita nella prima parte dell’anno ”più lenta di quella attesa”.
Insomma, gennaio non è stato un mese confortante per l’economia nazionale, segnata da un rialzo dei prezzi a cui non ha fatto seguito un incremento della produzione, ma una flessione tanto netta quanto inattesa: le previsioni davano l’indice in aumento tra lo 0,5% e lo 0,7%.
Una battuta d’arresto che risente dei cali nei comparti dell’energia (-5%) e dei beni di consumo (-2,3%), in particolare va male il tessile (-7,1%). E non va meglio allargando lo sguardo ai mesi precedenti, lo stesso Istituto di statistica sottolinea l’andamento ”stagnate” del trimestre novembre-gennaio (-0,1%); mentre su base annua si registra una decelerazione, dal +5,6% di dicembre al +0,6%, con una vera e propria caduta per computer e prodotti di elettronica (-11,1%).
Inoltre, si tratta di una frenata che cozza con i segni positivi registrati in Germania, che recupera il ribasso di dicembre con un +1,8% congiunturale (+12,5% annuo), meglio delle attese fanno anche la Francia, con un +1% sul mese precedente (5,4% annuo) e il Regno Unito (+0,5% mensile, +4,4% annuo).
Anche Confindustria nota come ”rimane ampio il divario di crescita rispetto alle altre nazioni”, con il pericolo che ”lo shock rappresentato dal rincaro del petrolio” possa ”rallentare sensibilmente la ripresa nei paesi avanzati”.
Il direttore dell’associazione degli industriali, Giampaolo Galli, calcola, infatti, che un prezzo a 115 dollari al barile ”può comportare un minor livello del Pil italiano di circa lo 0,7% in due anni a parità di altre condizioni”. Secondo le stime del Csc a febbraio la produzione potrà contare sul un effetto rimbalzo (+1,7%), ma comunque osserva, che ”l’incremento nella prima parte di quest’anno si delinea più lento di quanto atteso”.
Per il resto, la Francia, seconda economia dell’Ue dopo la Germania, a gennaio la produzione industriale è cresciuta dell’1%. La Gran Bretagna nello stesso periodo ha segnato un rialzo dello 0,5% , mentre su base annua la crescita è stata del 4,4%. La Spagna, che ieri ha visto Moody’s tagliare il suo rating, ha avuto una crescita del 3,8%. Negativi i dati della produzione economica del Portogallo (-4,2%).